mercoledì 22 giugno 2011

Note ai libri "Bisognerà presto voltare pagina" e "Quel poco che ancora avanza" di Giovanni Tavcar

Nota
al libro 
Bisognerà presto voltare pagina
di
Giovanni Tavcar

Come per Eliot, in Burnt Norton, la poesia è “il possibile non realizzato nel tempo ... in cui le parole si sforzano, s’incrinano e talora si spezzano sotto il peso, sotto la tensione; scivolano, non vogliono stare a posto, non vogliono stare ferme ...” così per l’autore la poesia è il mistero di un linguaggio, in cui la parola s’interroga sul destino dell’uomo e sul misterioso richiamo della morte; in questa plaquette il verbo si fa ricerca continua per rendersi speculare al travaglio interiore teso all’arcano linguaggio dell’universo. Forse è nelle cose (nel dorato colore del miele, o in un pomeriggio inondato di sole, o nello spazio infinito di una lacrima) che il poeta riesce a concretizzare una cifra esistenziale in cui “Ci sono rischi / ben più terribili / da affrontare, / come il rischio di morire” e dove “Bisognerà presto voltare pagina / e riscrivere tutto di nuovo, / pena la sconfitta / e la totale dissoluzione”.  

                Nazario Pardini





Nota
al libro 
Quel poco che ancora avanza
di
Giovanni Tavcar  

La bella plaquette di Giovanni Tavcar, divisa in quattro sezioni ciascuna col titolo di una poesia, è tutta tesa , attraverso un percorso intimistico, alla ricerca di una verità che da sempre inquieta l’animo umano. Come introduce Graziella Parra: “L’anima del poeta è un vascello leggero, che naviga sballottato da continue tempeste alla ricerca di Luce, simbolo di una felicità che sia appagamento del corpo e dello spirito”. La navigazione ha inizio dal bagaglio dei ricordi che, compagni fedeli di viaggio, ci seguono interrogandoci sul loro destino: “Il passo / viene mantenuto in vita / dalla pratica della memoria” scrive l’autore e “Ogni ferita / torna a bruciare / ogni perso sorriso / ricrea vuoti / e smarrimenti...”  “intravedo però - continua il poeta - un denso germogliare di giorni / che il destino / deve ancora inventare...” e “Come posso / in tali circostanze, / srotolare / la sacra pergamena / dei sogni / e abbandonarmi / all’estasi sorgiva / di una fertile /
contemplazione?”. 
Un viatico di cadute e risalite, di sogni, speranze, illusioni, delusioni, il cui filo conduttore  è una ricerca spirituale che appaghi l’essere e l’esistere; un viatico dove l’anima è vita, dove è vita il mare - incessante prova dell’anima - è vita un eterno ricominciare e lo è la preghiera rivolta al Signore per la richiesta di un canto: “Ora che hai sedato le tempeste.../ fa’ ch’io possa cantare per Te...” “Non mi deludere, o Signore, come mi ha deluso questa affannata / e sterile umanità”.

Nazario Pardini

Nessun commento:

Posta un commento