mercoledì 22 agosto 2012

Guido Oldani: Il Realismo terminale


                            Il realismo terminale di Guido Oldani

                           (Dalla intervista di Elena Salibra, pubblicata su Soglie, anno XIII, n. 3 – Dicembre 2011)



Guido Oldani, il tuo nome si identifica con una formula, quella di realismo terminale, che, come tu dimostri nel tuo libro-pamphlet, sta ad individuare un’epoca, la nostra, e segna una rivoluzione del pensiero ancora in fieri che noi stiamo vivendo. Che effetto ti fa questa identificazione?

Si è anche parlato di “teorema del Realismo terminale". Mi rendo conto che una formula può esprimere un teorema, anche se non necessariamente tutte le formule lo fanno. Oggi si parla molto di realismo ed ognuno è diverso dall’altro per sfumature contigue e continue. Non so dire se tutta questa vibrazione sia di chiarimento o di complicazione, di certo l’aura è quella giusta. Il mio realismo è mosso da dati empirici irreversibili ed in continuo ampliamento. Non è difficile dedurre una “rivoluzione del pensiero ancora in fieri”. Lo stivale che ci si calca sulla nuca è l’accavallamento dei popoli, calamitati coattivamente ed in modo ineludibile, che procede senza limiti nelle città e sui prodotti-oggetti. Da lì, da questo rilievo evidente come se fossero nati all’improvviso i dinosauri, anziché sparire, nasce questo mio Realismo terminale.  Se si tratta di una formula, credo che essa sia epocale e che sopravviva al tempo di cui gli attuali viventi dispongono. Dunque essere identificato con il Realismo terminale appartiene alla mia sostanza. Già quattro miliardi di uomini su sette sono accavallati.
[…]
Questo è il realismo dell’addensamento, della catasta universale rimestantesi, in cui l’attrito fra cose e cose, e persone e persone, è la sua voce in continuo indiavolato aumento. L’epiteto “terminale” indica, non senza un tanto d’ironia legata ad altrettanta tragicità, che il viaggio anche in prospettiva, dei popoli, da continuamente a continuamente, arriva al suo approdo. Cioè la distanza fra la specie umana e gli oggetti tende a ridursi a zero. Terminale è segno di stazione di arrivo. Questo realismo è determinato, in particolare, dalla quantità che si accumula e che tende a coincidere con il tutto degli oggetti e con il tutto dei corpi umani viventi, divenuti un’unica identità.
[…]
Di fronte al Realismo terminale, spesso mi sento come uno che ne ha compreso solo una piccola parte.

"la pioggia è intirizzita dentro al freddo,
e cade come il sale sopra il brodo
facendo luccicare la contrada..."

Da "Dintorno"



1 commento:

  1. Ringrazio per aver potuto leggere una parte dell’intervista a G. Oldani.
    Mi colpisce la forza metaforica nella traduzione poetica del suo pensiero (il realismo terminale).
    Il nostro vivere quotidiano si snoda nei posti che ci sembrano conosciuti, confidenziali, amici: la casa ed i suoi oggetti, la fontana, il quartiere…. Gli oggetti però diventano i veri protagonisti, e sono potenti e senza anima. È violenta dietro l’apparente familiarità la metafora che li descrive ed interpreta, è una guerra- un incudine- su cui siamo battuti e modellati: verbi duri e drammatici, che spaventano.
    La storia tutto trasforma, piega, capovolge, infradicia, smunta….e dimentica.

    s’infradicia e farcisce d’acqua fredda
    nella fontana quasi ad affondare
    un quotidiano piegato e senza scampo.
    ….
    la lente d’acqua ancora più ingrandisce,
    la pianta secca al bordo non stormisce
    sporge la luna in presso a un pesce e a un sasso.(La storia)

    ci sono nell’armadio sui ripiani
    scarpe con deformati tacchi obliqui
    e calze dai rammendi o i fori tondi,
    pattine a cerchi come gli ombelichi
    giornali a plichi e sparsi anche dei tappi;
    come se queste fossero le armi
    di guerre a torte in faccia e senza scuse,
    e i feretri o i loro decimali
    sono gli stessi arnesi della pugna
    che al suono delle trombe giudiziali
    risorgeranno un giorno coi beati. (Rinfusa)


    da Maria Grazia Ferraris

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