domenica 26 agosto 2012

P. Bassani su Giovanni Petronilli (In memoriam)


GIOVANNI  PETRONILLI: Una vita per la cultura
Ricordo di Paolo Bassani

C'è un'antica massima che afferma: “Sono le opere che fanno il vero ri­tratto dell'uomo"; antica massima che ancor oggi custodisce tutto il suo va­lore: la verità, infatti, non ha tempo anche se è figlia del tempo.
Ebbene, per conoscere lo scrittore  e l’uomo Giovanni Petronilli basterebbe leggere alcuni dei suoi numerosi  libri pubblicati dal lontano 1935 al 1983: da "Aspettazione" a "Cinque ritratti” da "Otto volante" a "Tea­tro di Luni” da "Dialoghi" a "Vento sull' Acropolí", da "Via di Gesù" a
“Ricordi di corte d’Assise”, da "Diario di un pensionato" a "Rítratti e paesaggi di Lunigiana­, da “Lunigiana” a "Cronaca di un viaggio".
Petronilli riesce a farsi identificare, per eleganza di stile, chiara visio­ne delle cose e profondità di sentimenti. Nei suoi lavori si ritrovano le tre regole d'oro che fanno un vero scrittore, come soleva ripetere il gran­de linguista Aldo Gabríelli: chiarezza di idee, concisione, semplicità.
Chiarezza d'idee: soltanto chi vede lucidamente; chi sa ascoltare i segreti moti del cuore può trasmetterli ad altri. Concisione: regola così necessaria per non perdersi e per non perdere il lettore; per vincere l'inflazione del­le parole, così inutile e dannosa come ogni inflazione. Semplicità: ultima regola, ma non ultima per importanza. Con essa si crea un’immagine immediata, viva, come l’opera di uno scultore , che scava la materia allontanando tutto ciò che è di troppo. Anch’io vorrei fare un ritratto, o più modestamente un profilo di Petronilli, affidandomi alle tre regole d’oro. Cercherò di farlo  con l’aiuto di valenti critici che di Petronilli hanno messo in luce con abilità le doti di narratore limpido, acuto, armonioso. Sono tuttavia ben cosciente che non è facile in poche righe: citando soltanto qualche testimo­nianza tratta, qua e là, dal notevole numero di recensioni e note critiche apparse sulla stampa.
“Giovanni Petronilli è un artista raffinato" scriveva il poeta versiliese Garibaldo Alessandrìni nel 1951, sul numero 1 della Rassegna Municipale della Spezia “e raffinati sono i suoi “Dialoghi”. A darne subito un’idea, si potrebbe dire che oscillano tra le pagine più tristi del Leopardi e le più misteriose di Maeterlinck.  Abbiamo accennato al Leopardi, per il gusto del vocabolo, la linearità della frase, la scarsezza del periodo, la tristezza profonda. Al Maeterlinck abbiamo accennato invece, perché in ciascun dialogo, oltre i personaggi che parlano, c’è una muta presenza come d’un destino: destino dell’umanità.  Destino che però –mi pare- non suoni come una condanna, ma che si salda ad una concezione filosofica della vita aperta anche alla speranza, come appare in “La via di Gesù” e in “Diario di un pensionato”, a proposito del quale  Umberto Marvardi scriveva nel 1961: … pensieri, considerazioni, temi di meditazione, spunti di vita empirica sono elevati all’altezza di conquiste filosofiche, di riflessioni edificanti, di certezze, ma senza diventare pesante sistema, presuntuoso decalogo; anzi, alleggeriti e illeggiadriti, nel tessuto di un paesaggio dato per accenni o, a volte, descritto con la minuzia propria dell’osservatore.”  E io vorrei accennare anche al Petronilli ricercatore paziente e scrupoloso come appare in “Lunigiana” del 1961 e in “Ritratti e paesaggi di Lunigiana” del 1974. In queste due opere, divenute testo e punto di riferimento, traspare tutto l’amore per una terra che custodisce vestigia di un passato illustre e paesaggi dolci e maestosi. A questo proposito mi pare molto significativo quello che scrisse Carlo  Drapkind nel  1962 sulla “Gazzetta di Parma”: “Per molte delle contrade di Lunigiana, che noi ben conosciamo, Petronilli è stato preciso, discreto, essenziale… luoghi così incantevoli, per chi ama la natura. In fondo lo scrittore non rappresenta che se stesso, nutre l’ambiente e le figure di rilievo del suo intuito. Petronilli ci ha costretti a fissare la nostra attenzione su aspetti del folclore che ci erano poco noti; ha svelato la psicologia dell’ambiente con un richiamo attento a notizie lontane che hanno una sfumatura di leggenda. Così, le immagini si illuminano. Ecco gli antichi borghi, i castelli: dall’antica terra di Luni alla Val di Vara, da Fivizzano alle Cinque Terre; e qui Petronilli ha armonicamente saldato natura e ambiente resi vivi in un modo poetico, dove la vista del mare trasparente e inquietante s’apre, dove il nervoso scoscendere delle rocce genera un clima ideale. Ecco la storia dei santuari di Liguria che Petronilli traccia con cura in una colorazione grottesca.  Ecco le Apuane così superbe e divine, candide all’interno e perennemente ricche di marmo come una polla inestinguibile. Lo scrittore ci offre una serie di notizie minute e attraenti, diremmo che si tratti di una breve storia del marmo apuano, inclusa nella vasta antologia, e Michelangelo che alle cave Apuane s’accostò per trarne i marmi da cui modello le sue opere, par qui alitare…
       Abbiamo visto un Petronilli acuto osservatore dei luoghi e degli uomini illustri della nostra terra: da Giovanni Fantoni a Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, da Alessandro Malaspina a Corrado Martinetti. Un Petronilli che si ritrova con eguale freschezza in “Vento sull’Acropoli”, opera scritta in occasione di un suo viaggio in Grecia e in Turchia. “C’è in queste pagine” scrive Piero Raimondi nel 1980 sulla rivista “Liguria” la cronaca spicciola, l’imprevisto, l’aneddoto, il tipo caratteristico, ma c’è anche una singolare capacità di osservazione della vita nelle sue più intense espressioni, da Napoli a Smirne, da Marsiglia ad Atene.  E non a caso –mi sembra- il libro ha per titolo “Vento sull’Acropoli”: il cuore del diario è lì, ad Atene, fulcro della civiltà greca, modello assoluto di una perfezione, luce dell’anima; e la pagina più poeticamente valida (non ne mancano altre) è appunto quella dedicata all’Acropoli, pagine ricche di cadenze ritmiche, di sensibili risonanze interiori, di suggestivi scorci intuitivi”.
Uguale freschezza ritroviamo nel volume  “Cronaca di un viaggio” a proposito del quale lo stesso Raimondi scrive: “Petronilli è riuscito a darci, con queste pagine, non solo una chiara conferma delle sue qualità di scrittore serio e controllato, teso ad una interpretazione umanamente cristiana della vita, ma anche una commossa pagina di autentica autobiografia, che nella profonda saldezza di un vero amore ha trovato lo stimolo, e la misura, per rievocare un sereno episodio di vita coniugale, cosicché la figura della moglie ritorna in questi fogli di diario con tutta la fresca immediatezza della viva creatura; è quindi un “diario a due” tanto lo scrittore ha saputo accostare a sé –ed accostarsi a sua volta- la donna che porta sempre nel cuore.”
       Petronilli: scrittore  intimista, drammaturgo, narratore, storiografo. Quale il suo vero volto? In “Ricordi di corte d’assise”, il volume edito nel 1976, ecco apparire anche un Petronilli sociologo. Riprendiamo le note critiche scritte nel 1979 da Enotrio Mastrolonardo: “Giovanni Petronilli, sottile critico letterario e finissimo prosatore, quando nell’aprile 1960, venne nominato giudice popolare presso la Corte d’Assise di Genova, conobbe la stessa sorte del famoso scrittore francese André Gidenel nel dover giudicare i suoi simili. Impegno giuridico e, soprattutto, morale della più grande responsabilità, al quale l’autore aveva già pensato più volte con turbamento, seriamente preoccupato di non riuscire ad essere all’altezza del terribile compito, prima che esso gli venisse affidato dalla magistratura. Lo ricorda egli stesso, attraverso un severo esame di coscienza, con dissertazioni di carattere umano e morale, prima di rievocare , con puntualità espositiva e chiarezza di linguaggio, la breve e intensa esperienza vissuta, con animo sereno e obiettività di giudizio, nei diversi processi d’appello, presso la Corte d’Assise di Genova, del cui collegio giudicante venne chiamato a far parte. Dalla precisa e pungente descrizione dei vari dibattimenti, emergono a tutto tondo i personaggi  che vi prendono parte, tutti autentici protagonisti nei vari ruoli a loro assegnati dalla vita: innanzitutto gli imputati, con il loro pesante bagaglio di umanità, di colpe e sofferenze, che è necessario vagliare con estrema equità e spirito di comprensione, perché qualche volta è fatto solo di sorte avversa, magari d’innocenza.  Attraverso i ricordi di Petronilli vengono rievocati fatti di cronaca nera, drammi familiari, tragedie da senso arcaico, vicende di un’umanità viva e sofferta, dentro cui bisogna calarsi con la propria coscienza e una profonda pietà per cercare  una spiegazione, per trovare una ragione che sta sempre nell’antico cuore dell’uomo e nel suo stesso destino”.
       In  “Cinque ritratti”, edito come altre opere di Petronilli dalla Casa Editrice Carpena di Sarzana, lo scrittore si dimostra saggista di valore, lucido, incisivo, come si legge nella nota apparsa su “Il Giornale” del 25 settembre 1981: “Petronilli ha avuto la ventura di partecipare alla vita culturale del Novecento con diretta esperienza, e venire così a contatto con personalità che, oggi scomparse, hanno lasciato un’orma ben precisa nella storia della letteratura del nostro secolo. Con questi ritratti Petronilli  reca un interessante contributo a questa storia, in quanto  si serve di personali rapporti e ricordi, corredati ed arricchiti da osservazioni critiche. I cinque personaggi da lui scelti (fra molti con cui ebbe amicizia e frequentazione) sono: Manara Valgimigli, Enrico Pea, Lorenzo Viani, Mario Piccini, Nicola Lisi. Tutti nomi che sono ormai affidati al vaglio della posterità. Per quanto riguarda il grosso pubblico, non hanno tutti eguale risonanza, ma –per poco che ci si addentri nel tessuto culturale del Novecento italiano- si deve onestamente riconoscere che questi  uomini hanno detto una loro parola,  nei campi più diversi: filologia, giornalismo, narrativa, poesia, arte. Una varia e vivace galleria che, accostando tela a tela, consente un approccio di singolare originalità, perché Petronilli ha saputo raccogliere quel materiale (biografico, culturale, umano, critico) che l’amicizia, il rapporto con ciascuno di loro gli ha permesso, accumulando tutto nel “libro della memoria” per dirla come Dante. Ma sia ben chiaro: ci troviamo di fronte non a cinque biografie, ma a cinque ritratti, il che equivale a dire: impressioni, scorci di vita, episodi, rapporti epistolari, colloqui: tutto un insieme di fatti e sentimenti e idee quale scaturisce sempre fra persone che hanno comuni interessi di cultura e sinceri rapporti di comunicazione umana. I “fogli” di questo suggestivo diario, per lo più datati, vanno dal 1932 al 1975: un quarantennio  che Petronilli ha concretamente (ed anche emotivamente) vissuto nella varietà degli interessi che offre sempre il mondo della cultura; e di questa varietà sono chiara riprova i nomi dei personaggi sopra citati, l’uno così diverso dall’altro per carattere, formazione culturale, attività , ambiente.”
Ampio è l’orizzonte letterario di Petronilli, sviluppatosi in più di sessant’anni di impegno culturale che non soltanto si identifica nei suoi libri, ma anche in numerose e importanti collaborazioni come su “La fiera letteraria”, “Frontespizio”, “La Gazzetta di Parma” alla cui terza pagina collaborò per molti decenni. Si potrebbe compendiare in quello che fu detto alcuni anni fa a Pontremoli durante l’incontro dedicato al nostro scrittore dalla Fondazione “Città del libro”: “Petronilli si colloca in un suo spazio poetico di rilievo nel Novecento italiano, accanto a quegli scrittori del “Frontespizio”, Nicola Lisi, Bargellini, Betocchi, che nell’ambiente fiorentino di Papini e Giuliotti hanno segnato un momento particolarmente importante per la letteratura italiana del nostro tempo”.






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