martedì 16 ottobre 2012

Ottobre, Nazario Pardini


Ottobre

 

Era d’estate quando della vita

riflessero i barbagli. Allora vissi

la fantasia che esplose lucentezza.

Poi giunto è ottobre a mietere le foglie

di una stagione che ha reciso il sole.

La vigna saccheggiata lascia i resti

dell’ultimo raccolto. Muta e scarna

nei suoi colori morti mi dà il senso

di un suo perpetuo addio

- l’autunno mio trabocca di ricordi

che evadono invecchiati all’imbrunire -.

Niente di più vicino, ora che freme

sulla distesa vana del mio piano                    

il tramonto del gelso, a me risulta

che il palpito ottobrino. Scorre languida

dei riflessi marciti sotto il platano

l’acqua che è sonnolenta.  Va a scurire

all’ombra della volta abbandonata

del suo vecchio mulino. Il frutto cade

del giorno ormai maturo ed è la notte.

 
Nazario Pardini

2 commenti:

  1. Un ottobre languente, privato di uve e colori, in cui "freme...il tramonto del gelso", diventa simbolo di una condizione e di un'età della vita, quella "provetta", per dirla col Leopardi.
    In un quadro sostanzialmente pessimistico e desolato (che ha accenti forti perché ottobre è contrapposto alla luminosa estate della giovinezza)risalta tuttavia un " palpito ottobrino". La vita, dunque, al di là di ogni possibile negatività.
    Per questo esistono i poeti: per far risorgere, sempre e in ogni modo, la speranza.
    Pasquale Balestriere

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  2. Nazario Pardini ha un dono(sempre più raro nella poesia contemporanea): la musicalità del verso.
    Detto così, potrebbe apparire quasi scontato E,invece, questa poesia sta a dimostrare l'esatto contrario.
    E' l'esempio, "Ottobre", di quale catarsi si realizzi nell'animo affidandosi totalmente all'armonia del dettato.
    Allora, "la vigna saccheggiata", "le foglie / di una stagione che ha reciso il sole", diventano un altro autunno: invisibile, inimmaginabile persino, se non fosse che "niente di più vicino" - ci viene confidato - può essere avvertito.
    Certo "il frutto cade / del giorno ormai maturo" ma prepara una notte che non si veste di buio bensì del chiarore delle stelle.

    Sandro Angelucci

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