venerdì 5 ottobre 2012

V. Sartarelli: Quell'incontro con Padre Pio


Quell’incontro con Padre Pio


Ci sono eventi nella vita di ciascuno che rimangono per sempre come pietre miliari della propria esistenza e il ricordo di questi eventi è talmente vivido e presente che non può essere dimenticato. Con questi crismi e queste caratteristiche esclusive è connotata l’esperienza personale dell’incontro che Sara e Marco hanno avuta con il Santo nel lontano 1964, subito dopo il loro matrimonio, il cui excursus pre matrimoniale era stato molto lungo e tormentato. Si erano conosciuti dieci anni prima quando avevano appena quindici anni, il loro era stato un amore sbocciato per caso durante un’estate magnifica e nel corso di una stagione balneare di ampio respiro.
Sara doveva iniziare la frequenza al primo anno di Magistrale e Marco si apprestava a frequentare il I Liceo Classico, seppure ancora molto giovani avevano già nello spirito e nell’intelletto il germoglio avanzato di una maturità adulta. I loro sentimenti e la loro conoscenza iniziati quasi per gioco e per una  curiosità personale, era cresciuti di pari passo con un crescendo progressivo molto veloce e deciso. Si erano giurati eterno amore ma, non sapevano quello che li attendeva nel prosieguo della loro esistenza, per i contrasti e le difficoltà di vario genere che li avrebbero accompagnati.
Dopo un paio d’anni di contrasti ed opposizioni anche molto duri da parte della famiglia della sua ragazza, una volta diplomati Marco con la Maturità Classica e la sua ragazza con il Diploma Magistrale, finalmente, grazie all’intervento in loro favore da parte del padre di Marco che avanzò personalmente richiesta di fidanzamento ufficiale, la loro vita si rasserenò. Marco si iscrisse all’Università di Palermo nella Facoltà di Giurisprudenza e la sua ragazza cominciò la trafila burocratica per insegnare nelle Scuole Elementari.
La loro vita trascorreva serenamente e il loro amore cresceva sempre più, si frequentavano sia fuori che nelle rispettive abitazioni e tutto sembrava essersi indirizzato verso un futuro molto prossimo roseo e rassicurante. Ma, “il bel tempo e il cattivo tempo non dura tutto il tempo” e i proverbi antichi sono sempre  sacrosanti. Marco era al terzo anno di studi universitari quando una tegola pesante si abbatté sulla sua famiglia: suo padre si ammalò. Dapprima non si capiva bene cosa avesse ma ben presto constatarono che era caduto in depressione, una malattia subdola e molto pericolosa per la sua evoluzione patologica.
Nonostante le cure e i tentativi terapeutici di diversi specialisti del settore suo padre non guariva ma, anzi, la sua situazione mentale peggiorava sempre più. Essendo egli l’unica fonte di sostentamento della famiglia con il suo lavoro di artigiano, non essendo più in grado di lavorare vennero meno le disponibilità finanziarie che prima non  erano loro mai mancate. In famiglia Marco era il più grande di quattro fratelli, tutti ancora in età scolastica, la situazione economica e finanziaria era diventata insostenibile.
Sua madre cominciò a lavorare in casa imparando il mestiere di pellicciaia per signora da sua nonna e sua zia che lo esercitavano da anni, Marco si mise alla affannosa ricerca di un posto di lavoro per aiutare finanziariamente gli sforzi di sua madre. Cominciò per lui il periodo più buio e sconfortante della sua vita, aveva venti anni e non sapeva come fare, non si era mai trovato in quelle condizioni penose. Le richieste di occupazione che faceva, lasciavano il tempo che trovavano, la cattiveria e l’ipocrisia delle persone alle quali si rivolgeva lo deprimevano e lo facevano soffrire.
In quel periodo infelice l’unica consolazione per lui era l’amore per la sua ragazza che era corrisposto in modo totale e coinvolgente. Lei gli fu sempre vicina, non solo a lui ma anche a sua madre che era colei che aveva maggiormente accusato il colpo proditorio del destino e che portava su di sè il peso maggiore della famiglia con tutte le preoccupazioni che ne seguivano e per la salute malferma di suo marito e per l’avvenire dei suoi figli che appariva senza sbocchi.
Nel complesso delle situazioni ambientali che si erano modificate e nell’ambito degli aspetti psicologici che mutarono la  vita di Marco, ce ne fu uno che cambiò radicalmente il suo modo di essere in meglio, con una modificazione dei suoi sentimenti religiosi. Durante l’adolescenza e la prima gioventù era sì, credente e cattolico ma, di certo lo era stato solo per definizione, il suo rapporto con Dio e con i Santi non era stato mai intenso, forse perchè da giovane, si pensa ad altre cose e, soprattutto, quando non si hanno preoccupazioni esistenziali, non esiste una reale esigenza in tal senso.
Ma, in quel periodo tenebroso e tribolato della  sua vita, quando tutto sembrava perduto, anche la speranza di poter cambiare lo stato delle cose che, per un perverso gioco del destino, non solo non evolveva ma, si complicava sempre di più, non lasciando intravedere  alcuna soluzione, l’unico aiuto e l’unico rifugio diventò Dio. Solo lui, infatti che si trova al di sopra di tutti e tutto, poteva far cambiare la sua vita. Marco si rese conto che doveva solo aver fede e pregare, l’aiuto sarebbe arrivato.
In questo suo cambiamento epocale l’aiutò molto ed ebbe una parte rilevante la sua donna, lei, non aveva mai smesso di pregare perché la loro situazione potesse cambiare, ovviamente in meglio. In quegli anni anche Marco pregò molto, lo faceva la sera, prima di coricarsi, si rivolgeva con fede al Signore, alla Madonna e ad un frate cappuccino di cui si cominciava a parlare a quell’epoca, per le grazie e i miracoli che aveva fatto ricevere a tanta gente che, da tutto il mondo, a lui si era rivolta. Quel frate era Padre Pio da Pietrelcina, ora Santo.
            Sara e Marco, a quel frate straordinario avevano promesso che, se li avesse fatti sposare presto, sarebbero andati a trovarlo a San Giovanni Rotondo, per ringraziarlo personalmente.
Marco, non seppe mai valutare compiutamente, nel graduale, lento  ma generale assestamento della sua situazione familiare, quanto avessero contribuito la Divina provvidenza, il loro impegno continuo e l’unità familiare, tuttavia il miglioramento ci fu, anche se di questo non si accorsero subito.
            Grazie all’interessamento di un compagno di Liceo che aveva uno zio politicamente influente, Marco fu assunto da un settimanale politico locale, in nero e con una piccola paga, successivamente, grazie alle sue capacità giornalistiche ottenne la corrispondenza di un quotidiano nazionale dello stesso orientamento politico del suo giornale e dopo, tre anni, come ciliegina sulla torta, grazie alla raccomandazione di un onorevole amico d’infanzia dello zio della sua fidanzata, fu assunto in Banca con un contratto a tempo indeterminato.
             La sua vita, improvvisamente cambiò, dopo un anno poté coronare il suo sogno d’amore, sposando la sua ragazza con la quale, felici come non lo erano stati mai, subito dopo il matrimonio, partirono con una Fiat  500 per il loro viaggio di nozze. L’itinerario fu molto articolato, attraversarono tutta l’Italia fermandosi nelle principali città fino a giungere in Svizzera a Lugano dove viveva un parente di sua moglie, emigrato molti anni prima per trovare lavoro, che li ospitò per una settimana.
            Sulla via del ritorno, lungo la costa adriatica, improvvisamente si ricordarono della promessa fatta a Padre Pio, la felicità del momento e la ritrovata serenità familiare  avevano fatto dimenticare loro quella promessa solenne, dovevano passare da San Giovanni Rotondo, sul Gargano, per incontrare quello che sicuramente era stato l’artefice della loro ritrovata felicità ma, essi in quel momento, avevano trascurato questo piccolo dettaglio che invece era enorme per la sua grandezza e  aveva cambiato la loro vita.
            Avendo pernottato a San Severo un paese vicino, nella mattinata successiva giunsero a San Giovanni Rotondo, il paese sembrava ancora addormentato, c’era poca gente in giro, nella piazza principale era allocato il Convento dei Cappuccini. Correva l’anno 1964 e il mese di Giugno, il piccolo paese, allora, con tante piccole case sparse, appollaiato su  un’altura di circa seicento metri e connotato come un piccolo centro agricolo probabilmente abitato sin dall’età preistorica. Una località quasi isolata dai grossi centri urbani- Foggia si trova a circa 40 Km -eppure, già allora, mèta continua di pellegrini e visitatori.
            Sia sua moglie che Marco avevano un forte desiderio di vedere da vicino, toccare forse e avere un colloquio con quel frate cappuccino, straordinario per le sue qualità ascetiche e, conosciuto in tutto il mondo, per le sue virtù taumaturgiche. Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, piccolissimo comune alle porte di Benevento, il 25 Maggio 1887. Egli salì per la prima volta al convento di San Giovanni Rotondo nel Luglio del 1916, due anni dopo davanti a un grande Crocifisso nel coro della piccola Chiesa del convento, ricevette le sacre stimmate. Per più di cinquanta anni portò sul suo corpo quei segni sicuramente manifestazione della presenza di Dio in lui.
            L’avevano pregato tanto quel frate, durante il periodo peggiore della loro vita, quando tutti i sogni sembravano svanire, diluiti in un tempo che sembrava non dovesse finire mai e in quel momento, che finalmente eravamo diventati  marito e moglie, pensavano fermamente che quel frate aveva, di certo speso una buona parola per loro presso il buon Dio, il quale  li aveva sollevati dalle angosce e dalle tribolazioni quotidiane che li avevano afflitti per tanto tempo.
            Quella mattina Marco, avvicinatosi al Convento, chiese al Padre Guardiano, se era possibile essere ricevuti in privato da Padre Pio, soggiunse che venivamo dalla Sicilia. Il frate, sulle prime, tentennò, gli rispose che non sapeva se se la cosa era possibile, poi, dal momento che Marco gli mise in mano una generosa offerta, improvvisamente cambiò il suo atteggiamento e questo gli diede fastidio perché, gli sembrò di avere comperato qualcosa.
            Il frate, dopo avere incassato l’offerta, diventò molto più conciliante e disse loro che avrebbero dovuto aspettare e che, nel pomeriggio, dopo le meditazioni, il Padre sarebbe sceso dalla sua cella e, attraversando la chiesetta, avrebbe incontrato non solo loro due ma, anche altri pellegrini che avevano manifestato il desiderio di vederlo. In conclusione, un’udienza collettiva, piuttosto frettolosa, facilitata, era fin troppo evidente, da un obolo consistente.
            Ringraziarono un po’ delusi ma, d’altra parte non c’era alternativa e si avviarono a visitare il paese, dovevano pensare a dove consumare il loro pasto quotidiano. Man mano che le strade si animavano e crescevano i visitatori, si potevano osservare, quasi ovunque, piccoli negozi e bancarelle, letteralmente traboccanti di souvenirs, gadget, con immagini e soprammobili piccoli e grandi di Padre Pio.
            Era evidente, attorno alla figura carismatica del quel “grande” fraticello, come si fosse sviluppato, a dismisura, un affare commerciale di rilevanza imponente, tutti coloro che si recavano in quel luogo compravano qualcosa e comunque spendevano dei soldi per soggiornare. Marco sapeva che il grande ospedale “Casa sollievo della sofferenza” che esisteva già in paese, inaugurato nel 1956, fortemente voluto da Padre Pio, era stato costruito, arredato ed attrezzato, esclusivamente, con le offerte dei fedeli e ciò era senza dubbio una cosa straordinaria, incredibile, ma vera.
            Egli non riusciva a capire, tuttavia, dalle sensazioni che aveva ricevuto, se quell’aspetto commerciale ed in un certo senso affaristico,  costantemente onnipresente in quel luogo, fosse entrato, certo non per volere di Padre Pio, anche dentro il Convento dei Cappuccini. D’altra parte, riflettendo bene, bisognava considerare che spesso la Divina Provvidenza percorre delle vie a noi , non solo sconosciute, ma insospettate e inimmaginabili.
            Nel primo pomeriggio di quel giorno, appena la Chiesa aprì, Sara e Marco entrarono e si  sedettero sui banchi a pregare, nell’attesa di quell’incontro, della cui importanza ancora non si rendevano conto ma che  metteva loro addosso un po’ d’ansia e molta trepidazione. Erano trascorse due ore e la chiesetta si era quasi riempita, si trovavano quasi compressi dalle altre persone, in un ambiente piccolo e scarsamente illuminato da pochissime lampade che era deputato alla preghiera ed al raccoglimento, non ad un incontro pubblico con un bagno di folla.
            Improvvisamente, sulla porta della sacrestia, avevano visto comparire il Padre, era accompagnato da quattro frati, due dei quali quasi lo sorreggevano, una sorta di guardia del corpo che lo guidava attraverso un corridoio transennato all’interno della chiesetta, ai lati del quale c’erano, assiepati, i fedeli. Lui, passando si fermava a parlare solo con alcuni. Aveva un aspetto emaciato e sofferente, un’andatura malferma e si potevano scorgere le sue mani, fasciate con bende di tela grezza molto spessa.
            In quell’ambiente piccolo, nella penombra, regnava un’atmosfera sommessa e quasi irreale che, all’improvviso, con l’apparizione di Padre Pio, si animò e cominciò a rumoreggiare, i presenti erano tutti desiderosi di toccare e ricevere anche una sola parola da quell’uomo. Sara e Marco pensarono di essere dei predestinati o, di avere avuto fortuna, perché Padre Pio si fermò davanti a loro, sembrava non sentire bene e di non essere del tutto nella comune dimensione terrena, tuttavia guardando fisso negli occhi Marco, con i suoi molto scuri e profondi, gli chiese da dove venisse.
Marco, un po’ impacciato e a disagio per quella forte presenza, non riuscì a baciare le sue mani, come avrebbe voluto ma, la vista di quelle bende, orrende, che nascondevano le sue ferite divine, gli creò una sensazione di ripulsa.
            Rispose quindi, quasi balbettando, che venivano dalla Sicilia e che si erano sposati una ventina di giorni prima, il Frate gli rispose come se non avesse capito o, se avesse capito e volesse muovergli un rimprovero: “Tutto questo tempo per arrivare fin qui?”. Al che, Marco non seppe giustificarsi, del resto, sarebbe stato troppo lungo raccontargli il loro viaggio e poi, c’erano le altre persone che attendevano, pressando da tergo e reclamavano il loro tempo d’attenzione, perciò il Padre  diede loro la benedizione e passò avanti.
            Marco, allora, non capì il significato di quella domanda, volutamente retorica, ché anzi, era rimasto piuttosto deluso da quell’incontro frettoloso e con tutta quella gente intorno, avrebbe voluto che li avesse ricevuti privatamente e da soli, forse allora avrebbero aperto la loro anima parlando liberamente e  confessandogli la loro riconoscenza. Non seppe apprezzare, all’epoca, l’importanza di quell’incontro e la sua reale portata, ricevendone invece solo un’impressione negativa che gli rimase impressa per molto tempo, di un povero vecchio, stanco e malato, condotto in giro dai confratelli con il fine, poco trascendentale, di ricavarne del denaro.
            Dopo quaranta anni, con il senno di poi ed alle soglie della vecchiaia, oltre a comprendere la grandezza dell’evento e il privilegio che avevano avuto d’incontrare e di parlare con un Santo vivente, Marco e Sara hanno compreso, purtroppo con ritardo, il perché di quella domanda e questo ritennero rientrasse nell’ambito del mistero divino di quel frate.
            Padre Pio, infatti, pur non avendoli mai visti prima, li aveva riconosciuti, loro in fondo erano solo due fra la moltitudine dei suoi devoti che, da ogni parte del mondo  si era rivolta a lui, tuttavia, egli sapeva tutto di essi, quasi che fosse stato presente quando si inginocchiavano di fronte alla sua immagine e, con fede, chiedevano di essere aiutati. Quella domanda, quindi, che era sembrata loro banale, quasi inutile e priva di un vero e proprio significato, fatta da un uomo vecchio, stanco, sofferente e, solo in apparenza poco lucido e presente, era stata in effetti un vero e proprio rimprovero.
            Sarebbe stato giusto, infatti, che la prima tappa del loro viaggio di nozze fosse stata San Giovanni Rotondo, invece, con l’egoismo proprio dei mortali, una volta affrancati dalle preoccupazioni e dalle situazioni difficili della vita e senza uscita, raggiunto lo scopo sublime del matrimonio e dimenticati i guai passati, con la gioia di vivere che si ha da giovani, com’era giusto che fosse per due innamorati, avevano preferito pensare prima, a loro stessi, lasciando come ultima cosa, o quasi, il ringraziamento dovuto a quel Santo che, sicuramente, era stato l’artefice del radicale cambiamento  della loro vita, segnata per sempre, in modo indelebile da quell’incontro, dalla fede e dalla certezza che quel Santo era stato per loro un intercessore autorevole verso la misericordia di nostro Signore Gesù Cristo.
           
 

Vittorio Sartarelli



Notizie biografiche e pubblicazioni


  
Vittorio Sartarelli è nato a Trapani 75 anni fa, per la sua istruzione ha scelto l’indirizzo umanistico frequentando il Liceo Classico “L, Ximenes” di Trapani e l’Università degli Studi di Palermo nella Facoltà di Giurisprudenza. Nel 1958 è assunto dal settimanale trapanese “Il Faro” nel quale opererà nell’arco di quattro anni. Nel 1960 diventa corrispondente del quotidiano nazionale “il Popolo”. Nel 1963 inizia la carriera bancaria che si concluderà dopo 35 anni di onorato servizio.
Debutta come scrittore del 2000, ecco le sue pubblicazioni :
Anno 2000 – “Francesco Sartarelli” biografia di un campione trapanese degli anni ’50. iniz.personale
Anno 2005 – “Viaggio nella memoria” - il suo primo libro di narrativa autobiografica. Ed. Il Grappolo
Anno 2006 -  “Territorio e motori” -  un tascabile di tradizioni, sport e cultura varia. Ed. Giuffrè
Anno 2007 – “Cara Trapani…” -  un delicato affresco di storia, tradizioni ed etnologia.     “
Anno 2007 – “I Racconti nel cassetto” – narrativa autobiografica. Ed. Nicola Calabria
Anno 2008 – “I Racconti del cuore” -   narrativa autobiografica. Ed. Montedit-Melegnano MI
Anno 2008 – “Profili esemplari” – narrativa autobiografica. Ed. Aletti – Guidonia RM
Anno 2009 -  “La famiglia, oggi” – breve saggio di sociologia. Ed. Leonida  RC
Anno 2009 -  “Memorie di un bancario” narrativa   Ed. Montedit –Melegnano MI
Anno 2009-  “Racconti”  - narrativa. Ed.  Carta e Penna – Torino
Anno 2011 – “Una vita difficile” – narrativa Editore ALBATROS Il FILO – Viterbo
Anno 2012- Storie vere di vita vissuta – narrativa- auto pubblicazione – Gruppo Editoriale l’Espresso.-Roma        



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