giovedì 7 novembre 2013

M. GRAZIA FERRARIS: SU "POESIA E SOCIETA'..." DI A. SPAGNUOLO

Leggendo: “Poesia e società in questo primo quindicennio del nuovo secolo” di A. Spagnuolo


M. Grazia Ferraris

Testo impegnativo quello di A. Spagnuolo, che dalla disamina dei mali sociali, storici del presente fa emergere una riflessione quasi angosciata: la necessità della poesia comemeta antropologica, come salvezza, capace di intervenire forse anche involontariamente nel tessuto sociale”.
       “Da Brecht a Ponge” La poesia che ha come sfondo la fame, la miseria, il degrado…. e come nel Bateau ivre rimbaudiano, al poeta, disincantato, sembra non restare altro che l'annegamento o l'andare alla deriva, oppure  il riconoscere agli oggetti, alle <cose> una priorità ontologica che l'eccessivo soggettivismo individualistico e l'irrealismo cui sono improntati spesso cultura e linguaggio contemporanei hanno loro negato.
       E la poesia fra le estreme tentazioni. …, forse anche viva per una nuova ricerca, una nuova definizione dell'uomo e del suo rapporto con le cose, le «choses» che sono impastate di parola, in maniera irreversibile.
       La poesia. “Non è un fronzolo né un accordo casuale e neppure l’espressione metaforica o il “rispecchiamento” meccanico dei rapporti sociali reali…
       Cosa attendere allora dalla poesia ?”, si chiede il nostro saggista e si  risponde: “Il testo vada oltre il testo. Chiama e illumina il contesto, nasce in una situazione specifica, storicamente determinata, ma la trascende… la poesia si pone come la smagliatura nella corazza impersonale d’una società burocratizzata, accenna e aspira ad un possibile recupero della funzione ideativa originale dell’individuo”.
       Questo è il suo invito, il terreno, quello in cui si muove il poeta senza certezze presuntuose: libero, creativo, affettivo, emozionale, inconsapevole e razionale nel contempo, il  rifiuto del contingente. In questo terreno e da questo territorio nasce la voce dei nuovi poeti.
       Voci varie, divergenti eppure tutti alla ricerca di “una modalità “contemporanea” di realizzazione dell’oggetto poesia”, forse illudendosi ancora , e noi lettori con loro, dell’esistenza di  un posto riconosciuto e riconoscibile,  l’eden poetico, fiduciosi nella  sensibilità professionale dei poeti più storicizzati, contro le polemiche e l’altisonanza  accademica  dell’entourage letterario e delle mode.
       Come in una teologia negativa, per sapere cosa è “poesia”, bisogna soprattutto saper dire ciò che “poesia” non è. Certamente più facile del dire che cosa la poesia è.
Se ne scrivono ancora.
Si pensa ad essi mentendo 
ai trepidi occhi che ti fanno gli auguri
l'ultima sera dell'anno.
Se ne scrivono solo in negativo
dentro un nero di anni
come pagando un fastidioso debito
che era vecchio anch'esso d'anni.
… Si fanno versi per scrollare un peso
e passare al seguente. Ma c'è sempre qualche peso di troppo, non c'è mai
alcun verso che basti, se domani tu stesso te ne scordi. (V. Sereni, I Versi).

                                                M. Grazia Ferraris




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