sabato 1 febbraio 2014

PATRIZIA STEFANELLI: IN USCITA "GUARDAMI"

Patrizia Stefanelli: Guardami. RUPE MUTEVOLE EDIZIONI. 2014. € 12
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DALLA PREFAZIONE DI N. PARDINI

Sottrarsi ai vincoli della terrenità per guardare l’azzurro


Una vita

Mi vedo,
in paesaggio nebbioso di fine ottocento
camminare su file di ciottoli
ad argine poggiati
dal tempo vissuto
unica occasione
passaggio.

Di spalle con lunghi capelli, verso la casa che sbuffa vapore, vicino lo steccato col campanile sul fondo.
Senza giri ne rigiri la mente distraggo al passo e mi ritrovo bambina, piccole orme dentro orme,
il naso rosso di freddo e la sciarpa del babbo sulla testa perché il cappello mi stava sempre stretto.

Odori riascolto di memoria
soltanto sopita, di dopobarba
al muschio selvatico come il muschio
che tocco con le dita.

Foglie, gialle e secche e morte e vive,
piccole zattere alla deriva del fiume
o forse all’approdo
in un paesaggio nebbioso
                        di fine ottocento.

Fantasia d’amore, Fantasia di viaggio i due sottotitoli di una silloge dal titolo Guardami che ingloba nella sua estensione polisemica il sentimento più nobile dell’anima umana: l’amore. L’amore erotico, ma soprattutto l’amore plurale: per i figli, per i cari, per il compagno, per la vita, per la  natura, per il tutto. E la poetessa ricorre a stratagemmi lessicali che vanno oltre la sintassi stessa, oltre gli ordini canonici della grammatica, perché ha bisogno di spazi, sente la necessità di affrancarsi ricorrendo a peripezie verbali di grande impatto lirico/armonico. Sente il bisogno di cantare un viaggio, quello della vita, odissaico, con tutti i patemi che quella comporta. Un viaggio zeppo di riflessioni, sensazioni, osservazioni, emozioni, scottature, e arrampicate verso soglie che demarcano la malinconia dalla serenità.     
         Silloge, comunque, di sicuro slancio emotivo, che già, da una prima lettura, rivela una vis creativa di perspicua resa poetica, dove il verbo, sostanziato da potenzialità fonica e cromatica, fa da argine ai forti input esistenziali. Una poesia nuova, generosa, ammiccante, dove la parola la fa da padrona. Una parola arrotondata, smussata, pensata,  lavorata da artigiano per ritrattare la complessità dell’esistere. Sì, perché è frutto di una ricerca attenta, che denota una autoptica frequenza letteraria, che sgorga, anche,  dolce e duttile, da una spontaneità quale richiede il buon poieo. Mi piace esordire con la prodromica citazione testuale, perché, credo contenga le peculiarità etico-estetiche della poetica della Stefanelli: panismo simbolico; senso eracliteo dell’esistere; memoriale come alcòva, come amore oblativo, come rifugio edenico; tentativo di prolungare una vicenda di obbligata scadenza; spleen, taedium vitae; ma soprattutto amore, e visione di un mondo con stupefazione per una scoperta sempre nuova che si traduce in un realismo lirico di grande effetto visivo. E il tutto inanellato da una euritmica musicalità che tiene compattata l’opera. Sta qui l’organicità della silloge, in questa permanente armonia dei nessi, delle allusioni simboliche, che abbraccia gli slanci cospirativi della Nostra. Slanci che partendo dai minimalismi, dalle cose semplici, dalle minuzie, o dalle grandi questioni, riescono ad elevarsi verso una contemplazione alta, oltre la siepe, dove è facile sperdere la nostra identità. Verso un orizzonte infinitamente esteso, forse troppo esteso per le ristrettezze umane:
La finestrina della stanza era posta proprio in alto e le barre gelide allontanavano il cielo dal mio sguardo. Quando un temporale mi piegava il cuore cantavo: "Piove piove, esce il sole, la Madonna raccoglie i fiori, li porta a Gesù e domani non piove più"...


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