martedì 18 marzo 2014

UMBERTO CERIO: INTERVENTO SU "LA POESIA"

Roberto Mestrone dice di varcare “timidamente” l’uscio di questo blog. Cioè quello dello scoglio di Lèucade (vedi poesia “Cantavamo” di Nazario Pardini sul blog “L’ombra delle parole”, di Giorgio Linguaglossa). ttp://lombradelleparole.wordpress.com/2014/03/11/una-poesia-di-nazario-pardini-commentata-da-giorgio-linguaglossa/
Timidamente? Poche volte ho sentito una deflagrazione così forte e al tempo stesso tanto tonificante. E’ vero, la poesia di Pardini (non solo questa!) suscita sempre non solo attenzione, ma interesse coinvolgimento e stupore per la sua freschezza, per la sua forza e per il suo prezioso stimolo al sentire ed alla riflessione. Soprattutto, come ha modo di notare Mestrone, se si tratta di contrastare quanto di effimero, di ignobile e di sgradevole ci propone la volgarità della società contemporanea. Perfino lo sdegno -o quantomeno, come diceva Montale per rimanere alle citazioni sue - l’indifferenza, la “divina indifferenza” che si coglie nell’immagine del volo del falco, “alto levato” solo dal battito d’ali nell’aria, senza sostanza e senza umanità. Di Mestrone mi colpisce, soprattutto, la sua netta affermazione che “la lirica di Pardini NON proviene da un mondo scomparso e naufragato”. Una espressione non solo da stigmatizzare, come giustamente fa Mestrone, ma da considerare becera nella sua formulazione e nel suo concetto. Ma chi -visto che si tratta di una citazione- ha azzardato tale blasfema affermazione? Io credo che i veri naufraghi siano coloro i quali siano solo testimonianza di un’esistenza residuale. Fa vero naufragio chi si attesta in atteggiamenti esclusivisti, senza essere in grado di cogliere presente e memorie di un passato che ha segnato la storia dell’uomo, in modo reale o puramente immaginifico e fantastico. Ma non fa naufragio chi canta le situazioni della vita e del mondo e dell’uomo, anche se si sente figlio di una “madre eterna”, anche quando essa può essere ingiusta. Non fa naufragio chi canta ancora le memorie di Bacco e Cupido. Non fa naufragio chi ancora è in grado di ascoltare”suono di zufoli e litofoni”. Non può invece sedere sullo scranno da giudice chi non è più in grado di ascoltare tali canti, come se i rumori dei camion e i clangori delle strade fossero l’unica vera sinfonia che oggi sia possibile ascoltare e cantare.
Credo, anzi, che un po’ di umiltà non guasterebbe.

Umberto Cerio

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