sabato 17 maggio 2014

CARMELO CONSOLI SU "SEI POESIE DI MASSIMILIANO MACCARONI"



Sulla poesia di Massimiliano Maccaroni


Nota critica di Carmelo Consoli (collaboratore di Lèucade)



Carmelo Consoli

Mi vengono in mente, leggendo i versi di Massimiliano Maccaroni, certi poeti e sognatori di strade che attaccano le loro poesie ai muri e dai muri attendono occhi desiderosi di letture ed emozioni. Parimenti mi ritornano in testa autori e cadenze contrari alle convenzioni della società come quelli della beat-generation americana, Jack Kerouac, tanto per citarne uno. La poesia, si sa  ha sempre nuove frontiere, spesso limitrofe alle situazioni parossistiche  che possono talora sconcertare i tranquilli frequentatori del verso melodioso, dell'endecasillabo, della rima ricercata. Quella di Maccaroni è poesia dura, ribelle, anticonvenzionale, contrassegnata da una parola che vuole dissacrare costumi ed usanze. Partendo da una spietata visione dei giorni e dei paesaggi egli passa in rassegna la parte nascosta e spesso rifiutata degli atteggiamenti e delle cose siano esse muri o cementi di vecchi palazzi, oppure sensazioni proibite,  provocanti dichiarazioni come avviene  nella poesia  “As-sumut”, o ancora enuncia freneticamente formule, diagrammi e teoremi ancorandosi ad una fissità di situazioni e deduzioni, come nella poesia “Formule”.  Ma la sua voglia sfrenata di denunce e liberazioni  è pari al riconoscimento dei propri limiti, della propria fragilità e spesso ricorre in lui il desiderio di accedere a piccole felicità e stupori, alla normalità, di pensare al trascendente, di sottoporsi ad auto analisi. Come ampia è  la sua libertà di sguardo e di dichiarazioni è altrettanto fuori controllo( ma solo apparentemente) il suo versificare. Frasi lunghe perentorie, controllate, ingabbiate da una punteggiatura fitta, sottolineate. Una versificazione che ha una propria cadenza narrativa, scarnificata. Ama procedere per lampi e tensioni.  Ma se vogliamo questa poesia contiene anche una musicalità  che sorprende, qualcosa che assomiglia ad una cadenza di tipo “rap” . I versi  di Massimiliano Maccaroni  dunque straripano con la loro animosa parola che tenta di sottrarsi ai conformismi della società e ricerca ideali a cui collegarsi come accade nella poesia “Labbra” ( Omaggio a Jeff Konns). La sua scrittura, forse ostile da digerire al primo impatto, è vera poesia  in quanto profondo scavo dell'anima e ricerca di verità esistenziale nella sua autentica, ruvida,  disarmonica bellezza.

Carmelo Consoli, collaboratore di Lèucade




7. Venn

Su questa mattina Dio ha scritto una poesia.
Nessuno di noi la vede, nemmeno alzando lo sguardo ai gesti del cielo.
Una manciata di versi,
le frasi sui muri all’ombra dei ponti,
ricordano tanto i diagrammi di Venn.
Lettere abbracciate, nomi, cuori bislacchi,
le relazioni che possono esistere fra insiemi diversi.
Credo sia il modo che usano i ragazzi per appartenersi.
Per non colare, quando l’acqua prova a cancellarli.
Gli eterni messaggi d’inetta saggezza.
Su questa mattina inchiodo il sole alle assi,
la precaria stabilità dei chioschi a una terra,
il labbro sul labbro,
il silenzio, alla mia mano.
E le rime che passano da qui,
raccontano il cemento d’un amore grigio,
dei vecchi palazzi
sulla strada per İzmit.
E’ bellezza, sognare.




1. Labbra. (“Lips”. Omaggio a Jeff Koons)

Giallo mais disseminato.
Poche nuvole d’estate orfane di sole.
Le bocche chiuse – aperte,
quiete e desiderio,
materia opposta a spirito:
un mondo fragile di foglie colori.
La scia d’arancio succosa e strappata disegna il mezzo cuore.
L’amore mai chiuso,
è la capacità dell’uomo sensibile di spremere succo senza il frutto.
Ciocche di capelli in una valle d’ombra,
l’occhio, spalancato al cielo, guarda due diverse dimensioni;
e pare attento, disperato di scoprire.
Qui, è confusione di sensi.
Più in alto, tutto è marginale.




11. As-sûmut

La parte essenziale di me,
dove il silenzio, non è la misura della solitudine.
As-sûmut, le direzioni.
L’angolo tra l’anima e il piede dell’astro.
Ciò che ho appena scritto, è il frutto d’un immaginario tiro di crack.
Non sono convinto che la mia sia poesia.
Invidio quei poeti che sanno scrivere di stelle come se le avessero in tasca.
Invidio la loro capacità di “ibridare” una semplice forma,
la parola sorprendente, la sfumatura obbligata, una certa metrica sereniana,
l’invettiva conversa, l’impietosa velleità qualunquistica.
La versificazione sfrontata di una poetica Pop.
Amo il suono che fa as-sûmut.
Semplicemente questo.
Mi piace la sensazione della lingua che sfiora il palato quando sibilo le esse.
C’è l’aspettativa di un cunnilinguo, nel muoverla così.
As-sûmut.
Lo sussurrerei all’orecchio di una donna
per farle capire che la amo,
che voglio scoparla,
che voglio sposarla.
Lo urlerei a Dio, quando sbaglia.
Resta il fatto,
che poter toccare una stella,
è impossibile,
per me.




10. Autovalutazione

Ero la mano che afferrava senza sosta.
Incerto, sbilenco, il non-pensiero, i passi corti all’ombra d’una gonna.
Le mezze voci appena comprensibili.
Ero le braccia a un coniglio senz’occhi,
nel posto giusto, ogni giorno: in piedi, sulla riva del latte.
Poi, i giradischi, i capelli intrecciati di Jenny, le auto veloci,
il tempo degli sforzi d’amore, fino a sanguinare.
Il cielo snob sopra il mare di Nizza
e un croupier, che accetta scommesse d’innocenza.
Bambino incattivito e specchi:
rasoi, barbe incolte, mille ciglia in controluce.
Qualcosa di felice.
Certe notti.




6. Dieci spine di Ginestra

Si può dire che l’uomo è in guerra con l’amore?
Dopo l’ennesimo ti amo finito nel macero della canapa, credo proprio di sì.
Ogni volta che questo accade ordino a un Lockeed Martin di pattugliare il cielo a caccia del nemico.
Sto alla finestra, in attesa, mentre fumo una sigaretta e ogni stella che conto è una stella che complica il buio.
La perdo, la cerco ancora, la ritrovo, svogliata e lontana, fino a decidere di guardarne un’altra.
Sono così uguali, cambia solo la distanza dai balconi delle case.
Scappano via ma rimangono appese.
Le stelle sono il passaggio più breve per la malinconia, una strada stretta che costeggia un dirupo sul mare.
Qualcosa è caduto dalla luna nel mio giardino.
Ha lasciato una scia che non vuole sparire.
Il cielo è così terso oggi. Perfino lui lo sa e si specchia nell’acqua.
Una donna prende corpo dalle rose a cespuglio che ho piantato ad ottobre.
Avanza lentamente, si avvicina fino a saldarmi i suoi occhi negli occhi.
Ma questa forma di donna...
Imprecisa e sfumata.
Questa donna che apre la bocca e soffia scarabocchi; è tutte le parole mai scritte sull’amore.
Chiaro, scuro, enunciato, nascosto, vaporoso, indigesto, esitante, animoso.
Parliamo di noi per un po’, come ho fatto con tutte le altre
e quando il profilo delle labbra supera il confine delle nazioni,
i primi colpi di mortaio, cadono vicino ai bivacchi notturni dei soldati.
La tregua non dura per sempre.
E’ vitale far evolvere una situazione di stallo in una passione.
Molti non lo apprendono e galleggiano in bicchieri ricolmi.
Gettano via l’opportunità di soffrire dolcemente, di temere l’agguato, di poter raccontare una storia,da vecchi.
Lottare, quando si vorrebbe morire nei lunghi silenzi di Rongbuck.
Alla fine, c’è sempre una guerra che non possiamo evitare.
Le nostre gole assetate, la Drosera intricata, dieci spine di Ginestra in un bosco.




9. Formule

Il numero piramidale quadrato.
n e n+1 sono due numeri consecutivi, quindi uno dei due è pari.
Uno tra n, n+1 e 2n+1 è multiplo di 3.
Un problema enumerativo, interessa la valutazione delle somme delle potenze di interi successivi.
La mappa che associa un sottoinsieme A di X alla sua funzione indicatrice 1A è iniettiva.
I teoremi centrali del limite, sono una famiglia di teoremi di convergenza debole, nell'ambito della teoria della probabilità.
Si noti ora che ogni numero naturale n è compreso tra due quadrati consecutivi.
Si noti ora che n-q^2è la massima differenza possibile tra N_{q^2}e N_n.
Ma questa serie è notoriamente convergente.
La retta dei reali è immersa nella retta degli iperreali.
La congettura di Riemann riguarda gli zeri non banali e afferma che la parte reale di ogni radice non banale, è ½.
Supponiamo per assurdo che l'intervallo [0,1] sia numerabile.
Se  X è un insieme non vuoto, su cui è definita una relazione d'ordine parziale, tale che ogni sua catena possiede un maggiorante; allora X contiene almeno un elemento massimale.
Il fumo del mio sigaro disegna strane curve che salgono al soffitto.
Le tende del salone pendono dall’alto verso il basso e ondeggiano, quando c’è corrente.
Una tazza di caffè poggia sul piano di cristallo del tavolo. E’ in attesa di essere gustata.
Dal rubinetto della cucina cola una goccia che batte sul bordo di un piatto sporco.
Mi torna in mente mia moglie.
Le chiedevo di indossare calze a rete sotto la tuta da ginnastica, tacchi alti e di impastarsi le labbra con un rossetto dalla tinta molto forte.
La volevo vedere sgraziata, bizzarra, come una ballerina di burlesque a fine carriera.
Mangiavamo in fretta cose leggere, ci spogliavamo e facevamo l’amore sul divano.
Era il tempo dell’istinto primordiale condiviso e delle piacevoli umiliazioni corporali.
Prima che un figlio mai nato, spegnesse la conducibilità dei circuiti.
Poi non era più con me, nemmeno a colazione e oggi, direi, è riuscita nell’impresa di dare l’avvio a una forma malsana di rancore misto alla pietà.
Le luci della chiesa vicino al parco sono accese. Deduco vi sia stata messa.
Il geranio nel vaso in terrazzo non ha un bell’aspetto.
Forse ha bisogno di un concime.
Anche io ne avrei.
Ieri ho visto un anziano rovistare tra i rifiuti.
E un cane che osservava, sperando anche lui che ci fosse un boccone da rubare.
A cosa serve, mi chiedo, la vita di un clochard che dorme in un cartone.
Sono terrorizzato dalle conseguenze della matematica.
Non esistono formule per spiegare gli eventi.
E oltre il confine c’è il deserto.


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