martedì 7 ottobre 2014

MARIA RIZZI SU "SAN FRANCESCO"


Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade

"CLAUDIO FIORENTINI: "SABATO 4/2014 E' SAN FRANCESC...": 

La figura di San Francesco dà luce agli scopi che ci prefiggiamo se pensiamo a perseguire un tentativo di Umanesimo. «Desidero poco e quel poco che desidero lo desidero poco» diceva San Francesco. Concetto chiaro ed essenziale che oggi suona come una salutare provocazione, in una società e cultura nelle quali imperano l’ipertrofia del desiderio e la mancanza di ogni limite nel consumare le cose e nell’usare le persone. Il gesto di Francesco non significa solo la rinuncia a ogni possesso e a ogni potere; non si tratta solo di una scelta di sobrietà, pur così importante e necessaria soprattutto in un tempo di crisi: il gesto di Francesco rivela una logica che appare sovversiva rispetto agli arrivismi e alle avidità che governano il mondo. Non è l’audience o il gradimento che contano, né il successo o il denaro, ma la nuda verità di ciò che siamo davanti a Dio e gli altri. Ed è proprio questa libertà dell’essenziale che lo avvicina a tutti, e induce ciascuno a interrogarsi. Nella pubblicistica e nell’immaginario collettivo San Francesco è descritto come un giovane ribelle, un pacifista hippy, un no global, un ecologista radicale, mentre la storia ci descrive una persona umile, ubbidiente, innamorata di Cristo, animato da un incendiario fervore missionario, un radicale sostenitore dell’Eucaristia. Papa Benedetto XVI il 31 agosto 2006, parlando ai sacerdoti della Diocesi di Albano, ha detto che San Francesco «non era solo un ambientalista o un pacifista. Era soprattutto un uomo convertito». Rifuggendo da facili slogan, per Francesco d’Assisi – come lui stesso scrive nel suo Testamento – centrale è la misericordia intesa come partecipazione dell’amore misericordioso di Dio. Ogni amore al povero, nasceva in Francesco dall’amore alla povertà crocifissa del Figlio di Dio. E l’esempio francescano che sottolineava la compassione verso la sofferenza di Cristo ha imposto una nuova raffigurazione del Crocifisso: non più il Cristo triumphans, cioè trionfante (con gli occhi aperti e in una ieratica assenza di dolore), ma il Cristo patiens, cioè sofferente, col capo reclinato in una smorfia di dolore e il corpo devastato, morente. Il cosiddetto Maestro bizantino del Crocifisso di Pisa fu forse il primo artista ad introdurre in Italia questa rappresentazione, che venne poi sviluppata, su commissione dei frati francescani stessi, da Giunta Pisano, da Cimabue, da Giotto e i suoi seguaci.San Francesco ha vissuto per dare a tutti un posto nel banchetto comune dell’umanità, perché non tutti hanno un posto al sole sulla terra, i poveri per esempio non ce l’hanno, dal momento che non abitano la terra, ma il sottosuolo, i bassifondi dell’umanità, e così non possono mai sedersi a tavola con gli altri. La profezia di Francesco oggi è il nome della comune fraternità umana, della convivenza gratuita e festosa di tutti gli esseri umani, non solo di pochi puri o eletti; in cui tutti sono servi di tutti, e la vita di ciascuno è dono prezioso da amare, senza pretendere di possederlo.
Grazie infinite per tali spunti di riflessione! 

Maria Rizzi 



Alla volta di Leucade 05 ottobre 

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