lunedì 9 febbraio 2015

BONIFACIO VINCENZI DA "TESTIMONE UN CANE"



PANESI EDIZIONI – COMUNICATO STAMPA



TESTIMONE UN CANE E ALTRI RACCONTI: amore malato, amore vissuto intensamente, ma anche paure, tradimenti e stranezze che invadono vite inquiete e solitarie. Nuovo e-book per Panesi Edizioni.


Sarà disponibile in tutte le librerie online dal 10 febbraio TESTIMONE UN CANE E ALTRI RACCONTI, una raccolta di nove brevi opere di Bonifacio Vincenzi, scrittore già noto ai lettori di Panesi Edizioni.
Dopo il successo dei primi due e-book Shakira – Uno sguardo dal cuore e L’apprendista Babbo Natale, Vincenzi affronta il mondo dei sentimenti e delle loro mille sfaccettature.
Temi importanti quelli trattati in questi racconti: “L’amore, amore malato ma anche amore vissuto intensamente, anche con paura, anche con dolore, ma capace di dischiudere un’esistenza completamente nuova. Poi c’è l’affascinante tema del doppio e poi – racconta Vincenzi – paure, tradimenti, stranezze che invadono vite inquiete e solitarie”.
Sul romanzo breve Testimone un cane che dà il titolo all’opera ci svela: “Nel 2014 nel nostro paese c’è stata una donna uccisa ogni tre giorni. A commettere queste efferatezze non è mai un assassino seriale, ma il fidanzato, il marito, il convivente della vittima. Ed è proprio l’amore malato la causa della scomparsa di Angela. Almeno così pensano gli inquirenti e sono anche convinti che la donna sia stata uccisa. Non ci sono però testimoni né prove certe per risolvere il caso. Quello che gli inquirenti ignorano, però, è che la vittima e l’assassino non erano soli. C’era un testimone con loro, un testimone che ha visto tutto: il cane di Angela. Un testimone completamente inutile all’accusa. Nessun tribunale ne avrebbe mai tenuto conto. Nessun tribunale, ma non l’assassino!”

TESTIMONE UN CANE E ALTRI RACCONTI, dal 10 febbraio nelle maggiori librerie online.

Per informazioni, visitate Panesi Edizioni all’indirizzo

 www.panesiedizioni.it/i-nostri-ebook/i-nostri-autori/ .




Bonifacio Vincenzi TESTIMONE UN CANE e altri racconti Panesi EdizioniTESTIMONE UN CANE E ALTRI RACCONTI di Bonifacio Vincenzi ©2015 Panesi Edizioni, Cogorno (Ge) I edizione digitale: febbraio 2015 ISBN 9788899289119 L'immagine di copertina è tratta dal web e libera da diritto d'autore. Questa opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Ogni riferimento a fatti, persone e/o cose esistenti è da ritenersi puramente casuale. www.panesiedizioni.it Segui Panesi Edizioni anche su Facebook, Twitter, Google+ e LinkedInAfrodite


DA: TESTIMONE UN CANE

La tua bocca si lega al mio silenzio. Il volto legato alla polvere non ha gli occhi, amore. E sono fredde le stelle di notte, fredda la luna nel pozzo. Mi manca il respiro, amore che non vieni. Amore già perduto. Amore fuggito chissà dove. Amore morto chissà dove. Mi manca la speranza perché conosco il fantasma che ci lega a questo buio immenso. Ti ho aspettata con la consapevolezza che non saresti venuta. I tuoi occhi legati ai miei occhi, altrove. Poi è venuto uno strano tipo a farmi delle domande riguardo ad un cadavere. Ho cercato di spiegargli che io non ho mai visto un cadavere in vita mia. L'espressione ironica nei suoi occhi era tagliente come la lama scintillante di un coltello. Ha continuato a parlarmi di te. Ora che ci penso, è molto strano che lui mi parlasse di te. E ancora più strano è il fatto che io fossi disposto ad ascoltarlo. Nessuna parola conciliante da parte sua. Ma un freddo accavallarsi di domande alla ricerca di una risposta da parte mia che potesse in qualche modo dar senso a quella strana conversazione. Strano tipo quell'uomo in divisa, strano tipo davvero. Parlava di te come se tu fossi morta, cercava il tuo cadavere e chiedeva a me dove l'avessi nascosto. Lui è veramente persuaso che io so. Strano tipo davvero quest'uomo in divisa. Monotono? Sì, così monotono è il suo procedere di parole che ad un certo punto ha procurato un vuoto nella mia mente. È durato soltanto qualche minuto. Un varco che si è colmato in fretta nelle solite tre rughe della mia fronte preoccupata. Poi ho cancellato tutto, mostrando al mio interlocutore quel tanto di denti che bastava per far pensare ad un sorriso. Potevo parlargli del cane di Angela. Era un'idea che mi era venuta all'improvviso. Il cane bianco di Angela! Ma lui non avrebbe capito, lui cercava un cadavere: nulla più. Ed io, invece? Cosa cercavo io?La sua mano leggera e bianca, il suo sguardo vivace e sicuro. Ma era tutto lì, vicino a quel minuscolo laghetto. Nessun cadavere per nessun uomo in divisa: un premio o un castigo che non hanno fine. È da più di un'ora che l'uomo in divisa se n'è andato. Mi ha promesso che ritornerà molto presto. Mi ha detto chiaramente che non devo illudermi di farla franca. Mi ha confidato anche che lui è un uomo che sa essere paziente. Può darsi che lo sia davvero, e che questo sia il suo maggiore pregio. Ma ha un difetto enorme, un macigno per il suo lavoro: non sa guardarsi attorno. Eppure più di una volta, durante l'interrogatorio, ha guardato fuori dalla finestra di casa mia e mai, mai mi ha chiesto che ci facesse quel cane vicino a quel lampione, immobile, a guardare verso di noi. Il cane bianco di Angela! È lui il vero inquisitore. Lui che formula le domande giuste, lui che sa accusare. Fermo lì che guarda. Due settimane che guarda. Notte e giorno. Quanta tristezza in quello sguardo! Quanta enorme tristezza! Leopoldo. Fin dall'inizio della mia relazione con Angela mi è sembrato un nome poco adatto per un cane. Ma a lei piaceva e col tempo mi ci ero abituato anch'io. Il cane era sempre con noi. Una presenza discreta, mai invadente, che col tempo finii per apprezzare, e ben presto Leopoldo, nella nostra vita, prese il posto di quel figlio che Angela non aveva mai voluto. Ma ora, che cosa era successo ora? Sul selciato della memoria i passi risuonano forte. Passi lenti, ciechi, di un uomo, una donna e un cane. Poi più nulla. Ma è un nulla stranamente pieno di qualcosa. Un nulla nel quale grida un'altra realtà che la mente non vuole accettare. La verità libera, era la frase ricorrente dell'uomo in divisa. Ma suonava così falsa dalle sue labbra! Così senza senso! Singhiozzi convulsi e mani sul viso. Perché sto piangendo? Non devi avere paura, Roberto. Ti aiuterò io. Era solo una voce. Nient'altro che una voce. E c'era anche nebbia, sì. Da qualche parte, credo. Ma dove?L'uomo in divisa è tornato anche oggi. Ad accompagnarlo c'è una donna, anch'essa in divisa. Alta, energica, a guardarla bene anche bella, e con i capelli opportunamente raccolti dietro, a coda di cavallo. Si sono accomodati. Ormai si può dire che sono di casa. Si mostrano gentili, premurosi. Come se fossero miei amici. Ma non lo sono, non lo sono affatto. Loro vogliono strapparmi solo una confessione. Non vogliono altro. L'uomo in divisa si schiarisce la voce. «L'ha uccisa lei, vero?» Una domanda ricorrente. Gli occhi puntati su di me. Perché non abbasso lo sguardo? Un innocente si sentirebbe a disagio, si comporterebbe da colpevole davanti ad uno sguardo indagatore. Invece, niente. Loro mi guardano, io li guardo. Loro mi sorridono, io ricambio il sorriso. Loro si agitano, io resto calmo. «Lei non mi sembra una cattiva persona. A volte si fanno delle cose che non si vogliono fare. Un momento di follia. E poi è troppo tardi per tornare indietro. Ci dica almeno dove ha nascosto il corpo. Voleva bene ad Angela, vero? Ci dica dov'è. Si sentirà meglio, dopo. Angela merita una degna sepoltura, non crede?» La voce della donna in divisa è dolce, comprensiva. Umana, molto umana. Non capisco, però, cosa voglia dire. Parla di Angela come se fosse morta. È tutto così confuso. Lasciatemi in pace. Glielo vorrei dire. Ma sarebbe un grave atto di scortesia. Loro sono le forze dell'ordine. Rischiano ogni giorno la loro vita per proteggere tutti noi. Meritano rispetto. Certo, a volte dicono delle assurdità. Ma queste non scalfiscono minimamente la qualità e l'importanza del loro lavoro. Glielo vorrei dire alla donna in divisa. Non so se capirebbe ciò che voglio dire. Ho paura di no. Lei e il suo collega sono concentrati sulle domande da farmi. Ogni volta che vengono ne fanno così tante. Troppe. Ma li capisco. Loro continuano a chiedere, io continuo a non rispondere. Mettetevi nei loro panni. Se avessero delle risposte da parte mia, la quantità delle loro domande diminuirebbe di colpo e la verità verrebbe fuori, forse. La verità? Ma quale verità? Quella che è dispersa nelle pieghe di questo mio delirio? O ce n'è un'altra che io neppure conosco? Angela era tutta la mia vita. Se avessi la forza e il desiderio di farlo, glielo direi a questi tenaci investigatori…

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