martedì 8 dicembre 2015

N. PARDINI: "LETTURA DI "SENZA... PRITISI" DI G. VULTAGGIO



Giuseppe Vultaggio: Senza… pritisi. Centro stampa La Fenice. Erice. 2015. Pgg. 190. € 15,00


Una pubblicazione elegante, armoniosa, curata per copertina, impaginazione, carta, veste grafica. Un buon inizio, un buon avvio; un invito a leggere e a sfogliare, pagina dopo pagina, questo volume i cui versi si embricano indissolubilmente per dare compattezza e organicità all’insieme. Si apre con una affettuosa e sensibile presentazione di Roberto Mestrone: “Meticoloso cultore di sentimenti puri e artista poliedrico: ecco delineato con brevi tratti di penna il profilo di Giuseppe Vultaggio…”. Segue la autoptica e penetrante prefazione di Caterina Guttadauro La Brasca: “i versi scaturiscono dal sentire mentale e sentimentale di un siciliano doc…”. Un libro corposo, dunque, di ben 190 pagine, dal titolo Senza… pritisi, in siciliano, con traduzione a piè di pagina,  distribuito in 5 sottotitoli: Poesie siciliane, Poesie religiose, Poesie umoristiche, Poesie dedicate, Fuori… dalle rime. Una raggiera vasta e ontologicamente polivalente; plurale e polisemica nel rivelare un animo tutto vòlto a dire di sé; a confessare sentimenti, opinioni, osservazioni, terrenità e spiritualità, per una poetica significante; il modo di pensare, di credere, di giocare, di riflettere e meditare sulla questione dell’essere e dell’esistere; sui perché della vita; del suo consumarsi breve e inarrestabile, ma anche sui difetti dell’uomo, e sulle ingiustizie sociali, nonché su allunghi escatologici, spirituali. Sì, proprio così. Abbiamo di fronte un uomo che vive, che ama e che sogna, che si illude e disillude, che crede. Insomma di un uomo che traduce nelle forme più varie e articolate (sonetti, poemetti in quartine, settenari, versi liberi, sempre ligi, per lo più, ad un endecasillabo giocato in tutte le sue varianti) la sua interiorità; la plurivocità della vita: memoriale, sarcasmo, ironia, descrizioni e introspezioni, quadri di una realtà di gelosie di apatici e invidiosi. E non di rado ci troviamo di fronte a vere e proprie idilliache visioni; a cromatiche rappresentazioni di una natura che offre tutta la sua magica policromia. Quasi un invito a voler bene a questa antica madre, a rispettarla, e a sentirsi parte integrante del suo cosmo che chiede vicinanza ed equilibrio; rinascita epifanica in un mondo che poco sa dare e tanto depredare:

E’ l’alba e brilla e scende la rugiada
gli uccelli in cielo sembrano scolpiti
la schiuma del mare sopra la sabbia
sembra che fa carezze saporite.
Una madre ed un figlio, sopra una panchina
apprezzano con gli occhi sbalorditi
cosa accade in terra ogni mattina
tenendosi abbracciati come fidanzati
(…)
Si  chiude il concerto all’imbrunire,
mentre la luna già si specchia a mare;
il sole è pronto per la sua discesa… (Il sole).

Una natura vergine, serena, paradisiaca, in cui il Poeta trova tutto sé stesso; una quiete di cui spesso si va in cerca per sottrarsi alle aporie del quotidiano. Un panismo simbolico-esistenziale che si fa corpo delle emozioni più fresche e ispirate di un Poeta legato alla sua terra, ai suoi suoni, alle sue ferule, alle sue zagare, ad ogni suo àmbito zeppo di simboli d’amore:

(…)
Due vecchietti parlano tra loro
come se dell’addio già fosse l’ora
e mentre le accarezza i capelli    
 l’anziano stringe forte la sua signora
Ti lascio vita mia… speciale amore
- gli disse lei, mentre che piangeva –
(…)
Ti lascio come dono il ricordo
d’ogni momento di complicità… (T’aspetto… in Paradiso).

Sentimenti potenti che prendono corpo in personaggi, simboli del pathos meditativo del Poeta. Egli sa ed è cosciente del tempus fugit; di un tempo fagocitante che tutto preda non tenendo di conto dei vincoli più forti del vivere. C’è questa coscienza della precarietà del tempo e del luogo in questa silloge; ma anche un credo fermo e convinto nel Padre Onnipotente che del mondo è stato il Creatore; in un Aldilà che rasserena; in Santa Rita a cui l’Autore volge la sua preghiera:

Tu che, dei figli afflitti, sei la “Madre”
“Tu” che conosci ogni mio difetto,
per me domanda scusa a nostro “Padre”… (A Santa Rita).                        

Ciò non toglie che il poeta non soffra e non abbia sofferto delle vicende della vita, della loro complessità e dei dolori recatigli da accadimenti non di rado superiori alle nostre forze:

Ricordo come se accaduto ieri
i tristi giorni a tempo della guerra
i sacrifici, le sofferenze vere…
e tutti i giorni strofinasti per terra!
Stanchi, avviliti, come tanti “Cristi”,… (Triste ricordo)

Insomma un “Poema” di plurima significanza che abbraccia ogni momento, ogni palpito, ogni circostanza dell’umano esserc-ci. E lo fa con una versificazione morbida e musicale, sia che si esprima in endecasillabi, o in settenari, o in ottonari; sia in  poesie religiose:

Sta venendo il Natale
ma il mondo non capisce:
c’è la crisi ch’è mondiale
troppa gente che patisce!
(…) (Natale),

che umoristiche:

(…)
Si voi chi ‘n casa non finisci mali
prima di transiri… sona e fai scusciu” (L’accidduzzu),

sia dedicate:

Delizia agli occhi tuoi, stelle lucenti,
trasmettono la gioia e la furbizia,
il tuo visetto sempre sorridente,
strappa con piacere una carezza
(…) (A Lidia Criscenti),

che in rima o fuori dalle rime:

due scarpe rosse… con le calze a rete
per accreditare i sogni di una bambina
che scalza corre sopra la sua terra
con grandi progetti verso il futuro… (Due scarpe rosse).

Il fatto sta che il Nostro vede meglio concretizzati i suoi input emotivi in suoni di euritmica freschezza; di popolare tradizione; di personalissima contaminazione. Ed è bello leggerle in siciliano, “lingua” che le rende più visive e più corpose, più sonore e più a noi vicine coi suoi voluminosi raddoppiamenti, coi fremiti originali, con la naturalezza dei suoi messaggi:

Ma a l’urtimu mumentu, chi si lassu?
È troppo tardu, chissa è a verità!
e la “Corriera”, quannu è pronta, passa,
ti fa acchianàri, chiuri… e si ni va! (L’urtimu viaggiu…).


Nazario Pardini            

2 commenti:

  1. Che gioia trovare la Silloge del nostro Giuseppe Vultaggio sullo Scoglio più prestigioso d'Italia!Il Professor Nazario ha dato una tale dimostrazione delle sue capacità di esegeta che ogni parola sarebbe di troppo. Il libro l'abbiamo presentato in una magnifica serata di musica e poesia... ed é stata un'esperienza indimenticabile!Ringrazio il carissimo Nazario, Roberto Mestrone e Caterina Guttadauro La Brasca, che hanno scritto la presentazione e la prefazione del testo e auguro alla Silloge di Giuseppe il successo che merita!
    Maria Rizzi

    RispondiElimina
  2. Gentile Dott. Pardini, nonostante mi piaccia molto scrivere, ci sono delle volte che non riesco a trovare le parole per esprimere i miei sentimenti, le mie emozioni e in questo momento sento questa difficoltà. E' per questo motivo che, fino ad oggi, non ho risposto alla recensione relativa alla mia ultima pubblicazione “Senza Pritisi”. Ho paura di non trovare le parole giuste per ringraziarLa dell’onore che mi ha dato, leggendo innanzitutto la raccolta, pubblicando la sua critica nella prestigiosa pagina “Alla volta di Leucade”.
    E allora ci metto il cuore e, con questo, esprimo il mio ringraziamento per il tempo che mi ha dedicato, per le parole espresse, per la stima manifestata.
    In un tempo dove la poesia in metrica viene bistrattata, offesa, schernita e oltraggiata, il suo scritto fa eco dentro al mio cuore e lo vivo come uno tra i più bei regali che potevo ricevere per questo Natale.
    Grazie Professore, grazie davvero!
    Giuseppe Vultaggio

    RispondiElimina