venerdì 22 aprile 2016

CLAUDIO VICARIO "INEDITI"


Claudio Vicario


Non ho più amici

Scaccio con la mano una foglia
volata sui miei bianchi capelli
quasi fosse un pensiero morto
da abbandonare ai bordi della strada.
Mentre la vita cede all’impeto del vento
e l’ansia mi assale, mi sento un albero
i cui rami cercano verità nascoste,
solide e stabili certezze che vanno
oltre la pioggia che cade sottile
in un tempo che pare essersi fermato
sulle ali della fantasia che si annega
nel cammino del mio incedere lento.
Ed ecco riaffiorare lontani ricordi
che non concedono attimi di serenità
anche se la luce ritorna all’orizzonte:
è come sfogliare un vecchio diario
ingiallito, pieno di echi perduti,
di emozioni dimenticate, obsolete,
che non si accorgono di un tramonto
sfumato in una fitta nebbia infinita
nella quale si dissolvono, fantasmi
di una realtà che trascina l’anima
tra muri di dubbi e incertezze.


Se potessi…

Se potessi vi abbraccerei tutti
per condividere le vostre ansie
in questo mondo senza amore
dove non c’è stella che brilli
e l’anima si smarrisce nel nulla.
La vita è solo storia di domande
che ritornano alla memoria
nella vana attesa di una risposta,
è come un vento fatto di illusioni,
di lamenti nella strada del ritorno
dalla quale arriva l’eco dell’urlo
di una continua sfida infinita
tra i prati innevati della solitudine;
ma nel suo cono d’ombra
c’è sempre un futuro, un domani
per dissetare la propria anima
e guidare lo sguardo al richiamo
di un ultimo sospiro senza voce
che sembra voler annunciare
una luce nella notte che muore,
foss’anche una chimera sperduta,
immersa nella vanità delle cose
e degli inutili, falsi, penosi sorrisi.



Il canto dell'usignolo


Felice della tua felicità
dal bosco odoroso
di faggi e betulle,
canti all'estate:
è come un sorso di vita
della terra profonda
dal sapore del verde.
Svanisce, si dissolve
tra foglie sconosciute
l'ansia degli uomini
là dove un tremito
scuote i grigi capelli,
la gioventù si consuma
e muore il pensare
pieno di dolore
per la bellezza spenta
in occhi senza luce.
Andarsene... andarsene
sulle ali della poesia
che invisibile, lenta,
indugia, perplessa, tenera
come la tenebra della notte,
come la luna sul trono
e le stelle d'intorno,
ora che non c'è più nulla,
neppure quel niente
dal sapore di muschio.
Vedo tanti fiori,
c’è odore di resina
che cola dai rami
in quest’oscurità
profumata dalla dolcezza
del mese propizio all'erba,
al bosco selvaggio,
al biancospino, alle viole
sepolte tra le foglie,
alla rosa in boccio.
Ascolto il tremito dell’aria
che amo, poesia
che porta il suo sospiro.
Ecco, spegnersi senza morire,
senza dolore
in quest'estatica voce
fuori dell'anima.
Canta ancora per me,
semplice zolla inutile,
canta alla notte fuggente
in mezzo ai campi,
ai magici sguardi
sulla schiuma del mare,
sulle terre incantate,
canta alla mia solitudine
che si perde oltre i prati.
oltre il fiume quieto che scorre,
musica svanita tra i boschi.



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