giovedì 1 settembre 2016

CLAUDIO VICARIO: "INEDITI"


Claudio Vicario


Oppresso dal peso della Croce

Tutto appare immobile,
non c’è un alito di vento,
evaporano i pensieri
e si fa leggero il corpo
tra le note di un’arpa.
Cammino su desertiche dune
di parole e di emozioni,
come un funambolo
su un filo invisibile,
con lo sguardo assente,
a spiare la vita che passa
su questo immenso mare.
Nel delirio della notte,
oppresso dal peso della Croce
che troppo spesso ho tradito,
aspetto l’alba del nuovo giorno
per restare ancora in scena
a recitare un copione già scritto.
Osservo il buio in silenzio,
la nebbia che sale dai campi
sospesa sull’abisso
delle vuote parole, ove,
sorda, cammina la vita
su ore lente e notti senza fine.


Sogno di guardarti

Sogno di guardarti ascoltando un adagio,
l’aria è più fredda, cadono le foglie,
la pioggia batte sul davanzale,
non sento il profumo del tuo corpo.
Ho voglia di gridare il tuo nome, gridarlo
così forte da aprire uno squarcio nel cielo,
svanire dentro la tua anima, annullarmi,
percorrere un sentiero e fermarmi
per guardare un fiore, le nuvole che corrono,
di andare incontro al sole che tramonta
e sentire il vento sul viso, di fuggire lontano.
Com’è bello questo vento che corre
per inseguire un sogno inafferrabile,
per cercare di sfuggire al pensare:
pensare non serve al tramonto incipiente
quando si vive un sogno impossibile
e si respira il tutto e il niente.
Una musica dolce e poi il silenzio
nell’attesa dell’attimo, di un suono fugace,
di un brivido che ci coglie fra onde luminose
quando ci si è persi nell’oceano
dei mari interni, nei silenzi inespressi
aspettando il momento su l’ali di una nota
sospesa su una frontiera dove sfidarsi
tra maree grigie e scintille infiammate,
tra ceneri ardenti per ogni dolore,
e lì naufragare, morire per amore.



Ti ho incontrata per caso

Ti ho incontrata per caso
nella tortuosa strada della vita
ed ho visto tante cose nei tuoi occhi
come attraverso un velo di nebbia.
Sono riuscito a leggervi
la leggerezza delle farfalle,
la noia, la tristezza, la gioia di vivere,
la malinconia che scandisce le ore.
Non è facile, ma col tempo ho imparato
a squarciare quel diaframma che svela l’anima
e unisce, quasi in un canto corale,
l’estatico sogno della vita
e le altrui sofferenze che pesano
come macigni, e le proprie.
E’ bello non sentirsi soli,
avere qualcuno con cui condividere
la provvisorietà, i disagi, le folli illusioni,
avere qualcuno che ci capisca,
che soffra per le nostre pene e quei pensieri
che ci crollano addosso ogni giorno,
come l’acqua del mare condivide il sale.
Io sono qui e aspetto un sogno
che venga a bussare alla mia porta
con mano leggera, evanescente,
anche se inutile è la mia attesa.


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