giovedì 6 luglio 2017

FRANCO DONATINI: "INTERVENTO ALLA MANIFESTAZIONE IN MEMORIA DI UBALDO DE ROBERTIS"


Ubaldo de Robertis,
collaboratore di Lèucade

Questa la sintesi dell’intervento del Prof. Franco Donatini alla manifestazione, molto intensa e partecipata, degna del ricordo del grande amico Ubaldo de Robertis, tenutasi il 3 luglio alle ore 17 presso il Comune di Pisa.



Vorrei parlare di noi, dei nostri viaggi, delle foto insieme davanti la casa di Machado a Segovia, condividendo il ricordo di questo grande poeta spagnolo, ma l’emozione è ancora forte e non ne sarei capace.
Vi voglio invece parlare delle nostre discussioni su dove va la poesia, fatte nella sua biblioteca, o nei ritrovi cittadini, perché credo che Ubaldo abbia detto qualcosa di nuovo su questo tema, come gli riconoscono molti critici, tra cui Nazario Pardini e Giorgio Linguaglossa.
E allora parlerò del rapporto tra poesia e scienza, un aspetto apparentemente singolare che tuttavia è alla base della sua poesia. Ubaldo è riuscito a coniugare insieme questi due campi solo apparentemente inconciliabili, anche facendo riferimento alla sua cultura professionale, ma soprattutto a un modo di sentire molto comune ai poeti molto più di quanto si possa pensare.
Scrive De Robertis, nella poesia “L’Universo e gli anelli”: che avete appena ascoltato «parto da una teoria cosmologica precisa quella dello “spazio ad anelli”, (di cui è ideatore l’amico Carlo Rovelli), che si contrappone alla teoria dello “spazio a stringhe” forse più accreditata e diffusa. Nella poesia tratto della relazione tra frequenza suono e colore e accenno a Kandinskij che si era occupato per molto tempo della relazione tra colori e musica». Relazione di cui anch’io ho scritto in alcune biografie di artisti come proprio quella dello stesso Kandinskij in una sintonia di visione che ancora oggi mi commuove. La poesia, quindi, vista come un intersecarsi di discipline che dalla scienza si allarga all’arte e alla musica di cui la scienza attraverso la matematica ne rappresenta l’essenza profonda. Vedete quante verità scientifiche sono presenti in questa lirica trasferite con il linguaggio lieve ed empatico della poesia. Verità e insieme dubbi, certezze suscettibili di essere superate in una sintesi progressiva. Un conflitto razionale ed insieme esistenziale che attraversa allo stesso tempo la scienza e la poesia.
La presenza della scienza è pregnante nella poesia come in quella del suo grande conterraneo Giacomo Leopardi. Nella Ginestra l’inevitabile degrado della materia a cui si accompagna l’umano destino si collega al concetto scientifico di irreversibilità a cui sono sottoposti tutti i fenomeni naturali, così come la nostalgia del ricordo nel Sabato del villaggio si lega all’irreversibilità del tempo.
Ma è la percezione dell’infinito che sta alla base contemporaneamente della scienza e della poesia il dramma dell’incapacità umana di catturarlo ed insieme l’ammirazione stupita della grandezza e del suo mistero. Ma, come nella poesia appena letta, il poeta De Robertis non rinuncia a tentare di catturare l’infinito a guardare oltre “questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude” per parafrasare, forse immodestamente, il grande poeta marchigiano e lo fa proprio usando modelli scientifici che sono alla base della complessità trasversale della percezione, visiva, uditiva e insieme immaginifica.
Ma la scienza è soprattutto presente nella poesia moderna a cominciare dal suo capostipite Baudelaire. In Correspondance Baudelaire afferma che a poesia parte come la scienza dall’osservazione della natura, da cui si sviluppa il processo creativo della “poiesis”. La natura ci offre quella che lui chiama “la foresta dei simboli”. Questi riferimenti divengono così simboli del linguaggio poetico alla stregua della scienza che opera anch’essa con un linguaggio simbolico. E’ indubbia questa corrispondenza, semmai si potrebbe dire con Rimbaud “la scienza è troppo lenta” e la poesia l’ha anticipata partendo addirittura dal sommo poeta Dante Alighieri quando dice che “il sole e le altre stelle” sono mosse dall’amore, dandoci una sorta di tentativo di teoria cosmologica. Ma sempre Rimbaud ci dice che la via sulla quale camminano poesia e scienza è la stessa, è “l’appassionato inseguimento del Reale” come diceva Oscar Milosz.
Ubaldo aveva perfettamente chiaro questo legame su e su questa linea si stava muovendo nelle sue ultime liriche che sono la conferma pregnante di questa visione e allo stesso tempo sublimi composizioni di rara bellezza.
Non voglio dire altro anche per non togliere spazio agli altri interventi e soprattutto a quelli dei familiari, degli amici che sono intervenuti numerosi a questa manifestazione. Ma soprattutto preferisco che parlino di lui le sue poesie.

Franco Donatini

Lettura della poesia "Pisa"

Introduzione di Marco Filippeschi, sindaco di Pisa

Lettura della poesia "Isole"

M. Paola Ciccone, presidente onoraria del Gruppo Internazionale di Lettura
“Ubaldo de Robertis e la sua poesia”

Lettura della poesia "Universo e gli anelli"

Franco Donatini, scrittore, docente universitario
“Scienza e poesia, un connubio felice”

Lettura della poesia "Io che"

Sauro Pasini, ex-responsabile del Centro Ricerca Enel
“Ricordo di un amico e di un collega”

Lettura della poesia "Se la luna fosse un aquilone"

Massimiliano Antonucci, poeta
“La condivisione di un percorso poetico e umano”

Lettura della poesia "Biscuit"

Conduce Maria Fantacci, giornalista, direttrice del Fogliaccio
Letture Massimiliano Barsotti e Carlo Michelassi, attore della Compagnia del delitto

Per l’occasione la Istos Edizioni presenta in anteprima C’è Rembrandt fuori le Mura di San Paolo, breve romanzo postumo di Ubaldo De Robertis scritto per la collana Centopagine. 

Il ricavato dalla vendita del libro sarà devoluto al Gruppo
Scuola dell’Associazione San Vincenzo de’ Paoli di Pisa

Interventi degli amici presenti



1 commento:

  1. Condivido quanto ascoltato all'incontro commemorativo ed aggiungo qualche riflessione per l'amicizia che mi legava ad Ubaldo unita alla profonda stima e ammirazone; concordo nell'affermare che nei suoi versi, ultimamente più densi e dilatati, si carpiva il nuovo, attraverso le incessnti domande e il pensiero filosofico di chi scrive analizzando le cose, osservando con occhio scientifico/poetico, quindi originale, il mondo. Era un cantore, Ubaldo,"canto il lamento dell'anima/che si scioglie dalle esecrate grate/per solcare instancabile l'infinito" (da Diomedee)che tra versi e prosa aveva la bontà di ascoltare gli scritti di amici (compresi i miei)e conversare amabilmente nel suo studio, zeppo di libri e di storia. Nella sua poesia, spesso mi sono specchiata e ritrovata, nella ricerca di un improbabile equilibrio tra realtà e sogno, perchè il poeta ama "uscire dalla propria natura/deporre l'anima per essere finalmente/immortale." (cit. da Diomedee). Ubaldo,per me che ho avuto la fortuna di incontrarlo e per tutti, ha lasciato un'immensa eredità... e per questo dobbiamo essere grati.
    Cristina Lastri

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