martedì 1 agosto 2017

N. PARDINI: PREFAZIONE A "GIORNI DI VENTO" DI DONATELLA ZANELLO


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Prefazione a Donatella Zanello: Giorni di vento. Edizioni ETS. Pisa 2017

Madre, mamma, mà, amata,
tutta la mia vita ho pensato a te,
mi sono consumata nell'amore di te
ma ora non sono riuscita a trattenerti.
Eppure, i grandi tuoi doni e l'amore
che generosamente ci hai dato,
quelle tue rare carezze e baci,
i tuoi sorrisi, gli anni andati via
e il moto lento e solenne dei ricordi,
tutto ritorna, adesso, nell'ombra
della sera che scende. Si rischiara
un poco l'orizzonte. Il cielo si rasserena
e poi si spegne in acqua, come quando
ero bambina, dopo il temporale.

Poesia duttile, gentile, fluente, di eleganti iuncturae; poesia che con la sua plurivocità si fa corpo di un’anima tutta volta all’amore, al respiro del mare, ai voli su placide colline tinte di cielo; ad una natura da proteggere come bene sacro dell’intera umanità; a scoprire e riflettere sul tempo, l’esistere, e tutto ciò che anima il mondo, tutto ciò che ci anima e ci fa vivere, con messaggi di sinestetiche allusioni, di intrusioni simboliche di grande respiro: affetti, emozioni, incontri, illusioni, delusioni, sottrazioni di urgente resa poetica; di grande valore umano. La poetessa fa della sua vita un canto e di un canto la vita. Iniziare da  questa citazione testuale significa andare a fondo nella poetica della Nostra, nel suo intimo fiorito di memorie, di profumi selvaggi e saudade. Tornano rievocazioni di giorni di fresche primavere, di incontri luminosi di sole, di affetti e di abbracci, di sorrisi e di carezze, di orizzonti chiari e infiniti, <<nell’ombra/ della sera che scende>>. Leggere le sue poesie significa immergersi corpo e anima nella polisemica significanza del vivere; del nascere, del divenire, del ricordare e del morire. «Dove siete diretti?» la domanda ai viandanti nello Heinrich von Ofterdingen  (1798-1801), di Novalis. La risposta «Sempre verso casa»: il viaggio quale Odissea, quale ricerca, quale formazione, quale metafora della vita, quale nostoi. Sì il viaggio alla scopeta del mondo e di se stessa. Questo affronta la poetessa  per gustare di più il piacere dei suoi luoghi, il ritorno alla sua <<isola>> quasi novello Ulisse:

Ho scoperto tardi di amare questa mia città, La Spezia,
quanto la mia stessa vita. Questa città di strade alte e
scalinate orlate di platani, come una piccola Parigi
degli anni Venti. Ovunque vestigia di bellezza, strati
pesanti di cemento sulle campagne del secolo scorso,
l'Arsenale posato su spiagge e secche scomparse,
sprofondate, il porto che avanza con le navi e le gru,
un ponte bianco gettato come una vela sopra il mare.
Il castello San Giorgio, gli ascensori che portano
al Prione ricco di negozi eleganti, il degrado della
povertà ad ogni angolo imbrattato, sotto la Cattedrale,
sotto i portici umidi e gli errori di Piazza Verdi.
Questa è la mia città, svogliata nel mattino e nel
dialetto che lento si trascina, nel mare che brilla,
nei locali fumosi, nei bugigattoli del porto, nei bar,
quando arrivano le navi immense, bianche,
cariche di crocieristi che vogliono andare a Firenze.

 Ed è per questo che la sua poesia si fa calda e intima, fattiva e contaminante. I panorami dei suoi luoghi si traducono in veri personaggi che rivestono appieno i sentimenti dando loro colore e empatia:

La casa in collina è baluardo, rifugio,
eremo assurdo avvolto nella notte,
nascosto nella nebbia e nel verde
della pioggia di novembre.

Un rifugio che denota la necessità di credere in un’alcova, in un angolo in cui poter assaporare tutte le nostalgie, gli amorosi sensi, la ballezza del vivere, la potenza del sogno e dell’amore, il messaggio della realtà. <<La gioia di essere tristi>> come afferma V. Hugo. D’altronde è proprio dell’uomo crearsi un angolo appaltato per respirare, per parlare con noi stessi, per tirare bilanci, per agganciare le sponde dei sogni, e ovviare così alle sottrazioni del quotidiano.
Ed è proprio la poesia la vera amica e collaboratrice che mai potrà tradire il fatto di esistere. È ad essa che la Zanello affida tutto il suo pensiero, ogni suo input emotivo, ogni suo segreto vitale, perché al suo splendore germogliano i campi, spuntano le mèssi, i raggi della pallida luna, l’atroce bellezza dell’amore:

Germogliano i campi
al tuo passaggio, Poesia,
sotto i tuoi piedi
spuntano le messi
mentre il tuo viso splendente
riflette i raggi della pallida luna.
Se tu non fossi tornata,
tu prigioniera dell'oscurità,
soltanto un grigio deserto
di fuoco e di cenere
sarebbe la terra,
senza la tua musica
e senza la crudele dolcezza
e l'atroce bellezza
dell'amore.

Una natura delicata e oggettivante che prende per mano la poetessa e la porta negli angoli più reconditi delle sue magiche sponde; ed è in quegli angoli di panica consistenza esistenziale che incontra la  misura dei suoi abbrivi emotivi: materiale per il suo canto.
Un credo solido e indistruttibile al cui altare la Zanello tiene accesa la fiaccola del suo sentire, la fiamma di una narrazione da far ereditare da quelli che verranno. Dacché è cosciente della precarietà della vita, del passare rapido dei giorni, dell’ingordigia del tempo, ed è per questo che affida all’amore e alla poesia il compito di rendere eterno questo tratto precario dell’esistete:

Così sarai sempre giovane per me, sarai
la luna d'estate e il sole e il mare, così
come sei, così azzurro nell'azzurro degli occhi,
così immenso nella piega bella e feroce
delle labbra, così alto e forte come un albero,
giovane uomo elegante, puledro, delfino.
Sempre, sempre insieme, senza invecchiare
nel tempo che ci è stato rubato, senza il male.
Insieme senza il tempo, oggi come ieri,

Un tempo eterno che vinca la futilità della vita. Ed è proprio la convinzione di questa passione che fa vedere alla Poetessa quanto sia leggero il comportamento di certe giovani che <<Non sanno nulla, finché un aereo le porta via/e volano nel cielo, lontane, negli aeroporti/ e nelle strade affollate di tante città, Londra,/ Parigi, New York,…>>

Figlie, sorelle, belle ragazze che sempre
si lamentano del freddo e delle amiche invidiose,
 restano qui, aggrappate ai ricordi felici
dell'infanzia innocente, alle estati, alla purezza
del mattino che sgocciola in rugiada sui prati.
Non sanno nulla, finché un aereo le porta via
e volano nel cielo, lontane, negli aeroporti
e nelle strade affollate di tante città, Londra,
Parigi, New York, Stoccolma, Atene, Barcellona.
E Milano, Roma, Perugia, Firenze, Sanremo.
Teatri e palcoscenici diversi, note di jazz, applausi.
Così vanno e andranno via, come foglie nel vento.
Io sono l'albero, sono il ramo che le vede staccarsi,
ondeggiare, cadere, volare.


Panorami e città dove è anche facile perdersi, smarrirsi  in pulcritudini che annullano il nostro essere con la loro attrazione:

La rocca di San Marino, spezzata in due dal tempo,
non- luogo, terra di libertà assoluta, indipendenza,
senza sudditanza ad altrui poteri. Le guardie sorridono
nelle loro divise azzurre e verdi, eccentriche.
L'aria è leggera e dall'alto si vede la spiaggia lunga
di Rimini, l'Adriatico verde di nebbie, il tramonto.
Breve e felice è stato questo viaggio, veloce e travagliato
come la vita e come tutto, senza inizio nè fine.

Il viaggio e la vita, l’andata e il ritorno, la fuga e il rientro sono motivi che tornano spesso in queste pagine, dove l’esistere è concretizzato in simboli di configurazioni realistiche che o trascendono il reale per sfiorare l’onirico o toccano le corde di una realtà, l’unica realtà possibile,  in un corridoio di un ospedale ad aspettare un medico affannato:

Poesia, libertà, amore. Soltanto parole, oppure
l'unica realtà possibile, per me, che non ho casa
più se non nel tuo cuore straziato, madre adorata,
qui, nel corridoio dell'ospedale, da due ore in piedi
ad aspettare il medico affannato, stravolto, come
inseguito da una muta di cani urlanti, poveretto.
Un pazzo che non ha alcun potere su niente,
nell'urgenza delle cose, della vita che sfugge
quando scende nei rigagnoli, nel fango, nel fumo
di una sigaretta, nel fondo amaro di un caffè.


Il sogno, la realtà, l’immaginazione, la gioia e la tristezza si miscelano in questo poema fortemente umano, e umanamente possibile come d’altronde è la vita. Tanto vale rifugiarsi in quell’attimo, con il futuro alle spalle, sorridere con gli occhi pieni di lacrime, cantare con la morte nel cuore:

 L'inquietudine è malattia che produce poesia.
Poesia è quell'attimo unico, di bellezza,
di perfezione. Quell'attimo che vale una vita.
Noi ci ritroviamo, noi due, con il futuro
alle spalle. Gli anni migliori sono dietro di noi.
E allora, meglio non pensarci, no? Sorridere.
Con gli occhi pieni di lacrime, per tutte le
brutte notizie, i lutti, gli errori fatali, il perdono.
E cantare, con la morte nel cuore, per celebrare
tante amare vittorie e le sfide, i progetti,
sempre più piccoli ed inutili.

Sembra che in questi versi domini la rassegnazione ed un certo pessimismo sulla vita; ma il fatto sta che la Zanello la ama questa sua irripetibile vicenda; ed è cosciente della sua unicità; e anche se spesso è attratta dalla complessità dei tanti perché di difficile soluzione, alla fin fine è la speranza di un canto che non muore ad occupare il campo e farsi primo attore:


Il viaggio è musica e la musica è viaggio.
Nel vento raccogli ogni suono del mondo,
ogni suono è un colore. La voce ha tanti colori,
si innalza nell'aria come un arcobaleno, finalmente,
sul mondo impestato, ferito, calpestato, su tutte
le fatiche deluse, sulle aspettative tradite, sulla buona
volontà che non basta, sull'onestà che non paga.
E allora, che sia musica e canto e suono armonioso!
Che sia speranza che non muore o Spes ultima dea!

Una musica che vinca le ristrettezze del vivere, gli inganni del tempo, la coscienza di thanatos ed eros, il passare degli anni, il male dell‘amore:


Credetemi, è già tardi.
Bisogna prepararsi.
Ecco un refolo di vento
che si porta via la sera,
il tramonto sulle isole
e l'orizzonte chiuso,
sotto un cielo assorto
di pioggia trattenuta.
Così passano gli anni
e voi non lo sapete
quanto male ci ha fatto
l'amore.

Nazario Pardini



                                                      DAL TESTO

1.
Credetemi, è già tardi. Bisogna prepararsi.
Ecco un refolo di vento che si porta via la sera,
il tramonto sulle isole e l'orizzonte chiuso,
sotto un cielo assorto di pioggia trattenuta.
Così passano gli anni e voi non lo sapete
quanto male ci ha fatto l'amore.


2.
Si spezza il cielo nell'alba di luce,
si infrange l'onda bianca sulla scogliera,
mentre soffre il cuore nel petto
la sua pena e intanto il sangue scorre
ed è tristezza e rimpianto
e piovono lacrime, scendono
per i ricordi di una vita felice.
Una vita a lungo protetta e amata,
preziosa perchè ricca d'amore,
questa notte si spegne nel silenzio.

3.
Così la gatta strana dal musino buffo
e le calzette bianche non si affaccia
più curiosa sulla soglia, come prima.
"Due calzini" era il suo nome
ma di calzini ne aveva quattro
sulle zampette, che la natura
tutta quanta  di bianco e grigio
l'aveva così ben vestita e calzata
nei punti giusti, come una damina.
E' tornata una sera qui a morire,
perchè l'abbiamo amata.
Io non so niente ma so che domani,
quando starò meglio, porterò una rosa
nel campo, lassù, dove è seppellita.


4.
Madre, mamma, mà, cara, amata,
tutta la mia vita ho pensato a te,
mi sono consumata nell'amore di te
ma ora non sono riuscita a trattenerti.
Eppure, i grandi tuoi doni e l'amore
che generosamente ci hai dato, 
quelle tue rare carezze e i baci,
i tuoi sorrisi, gli anni andati via
e il moto lento e solenne dei ricordi,
tutto ritorna, adesso,  nell'ombra
della sera che scende. Si rischiara
un poco l'orizzonte. Il cielo si rasserena
e poi si spegne in acqua, come quando
ero bambina, dopo il temporale.

5.
Trovare pace  è la cosa più importante.
O trovare l'amore? L'amore non è pace,
è tormento, è fatica. Lo sanno i cari animali,
le erbe e le piante del bosco, i fiori, i cipressi
quando cantano alla luna le loro poesie
e sussurrano nel vento le loro canzoni.
Nella musica ascolti un suono,
un pensiero perfetto di note.
Ecco, in te io sento il mio sangue
che non si perde. E' come un gabbiano,
la tua voce. Vola nel vento, è un aquilone.
                              Ed assomiglia al silenzio, la tua voce.

6.
Così sarai sempre giovane per me, sarai
la luna d'estate e il sole e il mare,
così azzurro nell' azzurro dei tuoi occhi,
                              così immenso nella piega bella e feroce
delle labbra, così alto e forte come un albero,
giovane uomo elegante, puledro, delfino.
Sempre, sempre insieme, senza invecchiare
nel tempo che ci è stato rubato, senza il male.
Insieme senza il tempo, oggi come ieri,
ieri ed oggi e domani. Il tempo non esiste,
noi soli lo abbiamo ingannato, in giorni d'oro.
Il tempo è niente. E' nostro. E' soltanto luce.
Il tempo di una vita è finito nell'alba.
E tu mi hai protetto dal dolore più grande.


7.
La casa in collina è baluardo, rifugio,
eremo assurdo avvolto nella notte,
nascosto nella nebbia e nel verde
della pioggia fredda di novembre.
La casa è perduta dentro un libro
di favole illustrato. Non entra il mondo,
ci vive soltanto il mio pensiero.
No, non bussate, non entra nessuno!
L'amore qui è solitudine, è assenza.
Oh santa solitudine, beata solitudine,
oceani di silenzio, deserti di ricordi!
No, non bussate, non tornate, fantasmi.
Non c'è nessuno qui, più nessuno!
Soltanto il mio pensiero.

8.
Ciò che avviene soltanto nella mente
è pur sempre in qualche modo reale,
così se io adesso scrivo i miei sogni,
ecco, diventano subito vivi e veri.
Le parole sono simbolo e mistero.
Le parole fuggono, non le afferri!
Non le raggiungi, nascono e muoiono
come lucciole, come castelli di carte.
Feriscono, uccidono, le parole,oppure
guariscono, inventano, perdonano.
Dimmi soltanto, mamma, le tue parole
                             piene d'amore, per il nostro addio.

9.
 Figlie, sorelle, belle ragazze che sempre
 si lamentano del freddo e delle amiche invidiose,
 restano qui, aggrappate ai ricordi felici
dell'infanzia innocente, alle estati,
alla purezza del mattino che sgocciola
 in rugiada sui prati. Non sanno nulla,
finchè un aereo le porta via e volano nel cielo,
lontane, negli aeroporti e nelle strade affollate
 di tante città, Londra, Parigi, New York,
Stoccolma, Atene, Barcellona. E Milano, Roma,
 Perugia, Firenze, Sanremo. Teatri e palcoscenici
diversi,note di jazz, applausi.Così vanno
e andranno via, come foglie nel vento.
Io sono l'albero, sono il ramo che le vede
staccarsi, ondeggiare, cadere, volare.
Te ne prego, non stare in pensiero.


10.
I pensieri sono libertà. I miei pensieri corrono
come cavalli nella prateria, corrono lontano,
ovunque nel mondo, in tutti i luoghi dove
non sono mai stata, dove non sarò mai,
pensieri che corrono in rete e volano sul mare,
nel tempo avanti e indietro, andata e ritorno,
senza pagare il biglietto e senza confini.
E dove porteranno? Intanto corrono, volano
dentro la notte buia,  dentro la mia paura.

(...)

Donatella Zanello

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