domenica 17 settembre 2017

N. PARDINI LEGGE: "POESIE" DI MARISA COSSU



Marisa Cossu,
collaboratrice di Lèucade

Una poesia morbida, contaminante, di eufonica intensità meditativa, dove l’animo, affidato ad una alternanza di enedecasillabi e settenari, si diluisce in una fluidità narrativa di urgente resa poematica. Abbrivi emotivi, mediazioni esistenziali, scosse sinestetico-allusive, figure di redditizia metaforicità, vertigini di panica immersione, tutto contribuisce a rendere questa poesia estremamente umana, marcata dal supporto di una verbalità che va oltre gli schemi della semplice morfosintassi: una grammatica poetica in note di sinfonia wagneriana.
Fenollosa Ernest Francisco afferma che “La poesia è l’arte del tempo”; mentre Alfredo Panzini  definsce i poeti “simili al faro del mare”. Perché iniziare con queste citazioni? È presto detto: sembra proprio che il “dum loquimur…” segni una tappa importante nel diacronico sviluppo delle emozioni della Cossu.

Dove va la vita
mentre di sabbia e pioggia ricoperti,
chiediamo in elemosina una luce
che ci consoli e ci ridoni amore.

Il tempo scorre, e il più delle volte fagocita la parte più importante del nostro vissuto: nascono interrogativi inquietanti che riguardano il nostro rapporto colla clessidra, col memoriale, con thanatos, eros, con tutte quelle questioni che ci poniamo e che sono alla base della nostra inquietudine esistenziale. D’altronde l’uomo è un  piccolo tassello fra il rien e il tout, e soffre della sua precarietà, del fatto di vivere coi piedi a terra e con l’animo vòlto all’azzurro. Una dualità insormontabile data la cecità del nostro esistere; un azzardo senza esiti data la vastità che ci circonda. Pensare il tutto non rientra nelle nostre possibilità. Da qui lo slancio della Poetessa verso vette che la sottraggano alle  precarietà del quotidiano: il Bello, la spiritualità che vinca la materia,  il sogno, l’amore, pur cosciente, Ella, della futilità del qui e del quando:

il  distinguersi nel comune fato,
è illusione evocata,
è misura dei nostri passi incerti
nell’infinita logica del tempo.

Sì, riconosce, la Nostra, la misura dei nostri passi incerti, questo stato nell’infinita logica del tempo. Ma con ciò, pur partendo dalle cose più umili, non rinuncia a quel sentimento umanamente umano, insito nella natura di noi esseri viventi: quello di sorpassare il nostro stato di navigatori senza bussola; farsi Ulisse in cerca di un faro che illumini l’imbocco del porto; in cerca di un’Itaca che ci attende ai confini di un mare immenso e pieno di scogli e di trabucchi. Ed è per questo che la citazioni di Panzini  bene si confà alla ricerca ontologica della Nostra. Il faro del mare. Quella piccola striscia di luce che illumina una infinitesima parte dell’Oceano. Quale simbolo può essere più vicino alla natura dell’uomo; di un essere che allunga lo sguardo oltre i limiti di quella luce, perché è nato per il tutto, per la pluralità dell’universo, per raggiungerlo attraverso la navigazione odisseica di quei gorghi che lo dividono dalla luce; da un sempre da cui forze è nato il suo esistere e verso il quale ambisce tornare per il suo completamento.

Così m’illudo che sia vita questa
che ruba il senno e muto lo riduce,
 stanco e distorto, che nel vuoto resta
 disilluso e sfinito, senza luce.

Forse appigliandoci ad un memoriale che il tempo ha passato dal suo vaglio, rendendolo degno di esistere, significa dare più consistenza alla vita; significa riportare a galla quella parte di noi che l’ingordigia dell’oblio  aggredisce ogni minuto, ogni ora, ogni giorno:

Mentre viviamo già si è consumata
 la fiamma del pensier tanto cercata.

E non è detto che sperdendosi nel Bello, in quella spiritualità che tanto sa di vita ultra, non valga a distrarci dal nostro enigmatico e misterioso destino di mortali.

Non fu solo bellezza a entrarmi dentro
ma l’incontrarti in quella valle amena,
vederti all’improvviso,
mentre salivo il monte della vita.

Come non è detto che la coscienza dell’esistere, il rammarico per la brevità di una vicenda, non siano segni di un forte attaccamento alla stessa; d'altronde questa è la nostra storia: la storia che ciascuno conclude senza gloria; quella che fu bella e che il tempo cancella con un soffio; e del cui cammino  alla sera si approssima il confine “tra terra, cielo ed argentee marine”:

Ciascuno la sua storia
conclude nel silenzio, senza gloria:

ai vivi il commentare
con discorsi banali e frasi amare

la vita che fu bella
e che vien tolta; il tempo ne cancella

con un soffio il cammino
e, al calar della sera, più vicino

si approssima il confine
tra terra, cielo ed argentee marine.

Nazario Pardini


Ora che il tempo

Ora che il tempo inaridisce e gela
anche il soffio di un alito sul vetro
dalla finestra guardo naufragare
la vita già vissuta come l’onda
che sulla riva opposta si allontana,
mentre, tra i resti delle cose amate,
si adagia il mio pensiero e stanco sfoglia
il libro del mio vano divenire;
marino incanto  che spumeggia e lotta
tra i venti e le tempeste,
campo di pane che alla trebbia piega
le spighe al suolo scuro.
Quando l’Estate macinava il grano
ero un uccello libero nel volo,
che di gazzarre poi faceva nido;
sempre quelle domande all’infinito:
dove va il vento, dove quel confine
che con un freddo brivido m’inquieta;
chi taglia i rami alle morte stagioni,
chi dell’Eterno svela il volto buono.
E domandavo alle notturne stelle
se l’attimo fuggente
sarebbe ritornato come allora
a parlarmi d’immenso;
ma passa il tempo. Dove va la vita
mentre di sabbia e pioggia ricoperti,
chiediamo in elemosina una luce
che ci consoli e ci ridoni amore.


Ma non si vede

Ma non si vede il cielo
da questo tetto d’ombra
 della città di pietra; ma l’afflato
dei vivi, anime oranti,
versa voci di attesa nell’eterno.
E camminiamo insieme all’accaduto;
della stessa sostanza  vivi e morti:
 il memore rimpianto del passato,
il  distinguersi nel comune fato,
è illusione evocata,
è misura dei nostri passi incerti
nell’infinita logica del tempo.


Sempre

Sempre dentro di me cerco i confini
del mio pensiero, in gocce di memoria,
nelle trame che intessono i destini
agli atomi e frammenti della storia.

E nel guardare all’interiore affanno
sembra perduta l’unica certezza;
la speranza e la fede sono inganno
velato in dubbi e preda di tristezza.

Così m’illudo che sia vita questa
che ruba il senno e muto lo riduce,
 stanco e distorto, che nel vuoto resta
 disilluso e sfinito, senza luce.

Mentre viviamo già si è consumata
 la fiamma del pensier tanto cercata.


La cappella sul sentiero

E allora mi colpì tanta bellezza,
Vergine Madre, che ti vidi statua
su un cuscino di rose.
L’azzurro manto ti sfiorava il capo
e su rotonde spalle ricadeva;
lo sguardo tuo celeste
l’animo attraversava.
Tanta tua grazia mi muoveva al pianto,
statua vivente d’eterno splendore,
ed un sospiro uscito dal mio petto
soffiò il vento tra i verdi rampicanti
e ti raggiunse, bella tra le belle:
si mosse il velo, mi sembrò che il sole
cadesse per un attimo dal cielo.
Non fu solo bellezza a entrarmi dentro
ma l’incontrarti in quella valle amena,
vederti all’improvviso,
mentre salivo il monte della vita.

Storia

Ciascuno la sua storia
conclude nel silenzio, senza gloria:

ai vivi il commentare
con discorsi banali e frasi amare

la vita che fu bella
e che vien tolta; il tempo ne cancella

con un soffio il cammino
e, al calar della sera, più vicino

si approssima il confine
tra terra, cielo ed argentee marine.



Nota bio-bibliografica

Marisa Cossu, insegnante e psicopedagogista della scuola dell’obbligo, è stata impegnata nella formazione e nell’aggiornamento dei docenti in qualità di relatrice e animatrice dei gruppi di lavoro, in collaborazione con gli Ispettori Tecnici della Pubblica Istruzione e con il Provveditorato agli Studi in accordo con l’Università di Bari. Ha pubblicato in questo ambito la documentazione degli atti di convegni e seminari con la preparazione di materiali didattici. I principali interessi culturali dell’autrice sono volti allo studio e all’approfondimento della letteratura, della psicologia della comunicazione e alla filosofia. Marisa Cossu ha frequentato la Scuola triennale di psicologia promossa dall’Università di Bari e una annualità di psicologia dell’età evolutiva presso il Centro di Cultura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Taranto. L’Autrice vive ed opera a Taranto. Le sue opere di saggistica e poesia risultano vincitrici di  importanti premi letterari e sono presenti nelle Antologie degli stessi. Ha pubblicato nella Rivista letteraria “Euterpe” i saggi brevi ”La grande illusione”, “Alibi (la poesia dimenticata di Elsa Morante)” e “Non mi piacciono le faccine”. Per il saggio  ”Poesia Oggi” ha ricevuto il premio della critica al concorso “Tra le parole e l’infinito” e il premio speciale della Presidenza della Giuria al concorso “Universum Academy Switzerland”; il suo saggio “Gli eterni ritorni” è stato pubblicato nell’Antologia del Premio “Città di Taranto”. Il racconto ”La palude degli uccelli”, 1° premio al “Concorso Nastro Verde Mauriziani”, è stato pubblicato nel volume del Premio Letterario “Emilio Bianchi”. Recentemente ha vinto la pubblicazione gratuita della silloge “Trasparenti pareti” al concorso “Una poesia per Scampia”. Alcune sue poesie con nota critica sono state pubblicate sulla rivista bimestrale “Le Muse” a cura di Teresa La Terza. Negli ultimi anni ha pubblicato per l’Editrice Pagine Roma “Sentire” e “Prospettive” in collettanea e, con Aletti Editore, la silloge “Vola Parola”.
 Le ultime Raccolte poetiche pubblicate sono:
·       “La vita bella, pensieri e parole”, BookSprint Ed. menzione d’onore libri editi “Antonia Pozzi”;
·        “La carezza delle parole”, TraccePerLaMeta Ed. 1° classificato nei premi letterari “Città di Taranto” e “Surrentum-Ars scrivendi“, 4° classificato nel Premio Internazionale “A.U.P.I”. e 2° classificato nel Premio “Città di Varallo Otma2”;
·       ”Attraverso pareti di pietra”, SBC Akea Ed. menzione d’onore al  premio ”Jack Kerouac”.
Si elencano alcune delle molte poesie vincitrici di premi letterari:
-         “Il ritorno a casa” 1^ class. al concorso di poesia “Gocce di Memoria”;
-         “Memoria persa” premio speciale della presidenza della giuria stesso concorso;
-         “Futuro” 2^ class. Premio letterario “Voci nel deserto”;
-         “Madre” premio spec. della presidenza della giuria concorso “Una poesia per Scampia”;
-         “Sento che un giorno”  2^ class. Premio “Tra le parole e l’infinito”;
-         “Che cosa manca” menzione d’onore concorso “Vitulivaria”;
-         “Sensazioni” menzione d’onore premio “Lucius Annaeus Seneca”;
-         Silloge inedita “Vita” 4^ class. concorso “Alda Merini”;
-         “Aritmia” menzione d’onore al premio letterario “AlberoAndronico”;
-         “A Elvira” Attestato di Poeta Federiciano premio letterario “Il Federiciano”;
-         Silloge inedita “Il tempo e le parole” 2^ class. concorso letterario “In vita”;
-         “E così passa il tempo” 2^ class. concorso di poesia “Amelia Rosselli e Sylvia Plath”.



1 commento:

  1. Gentile Professore,le sono grata per le sue entusiasmanti note critiche su alcune poesie unviatele in lettura. Con grande umiltà cercherò sempre di meritare la sua attenzione. Sono consapevole di quale opportunità di apprendimento mi venga oggi offerta, accostandomi alla sua notevole produzione poetica. Sono anche certa de valore formativo di questa collaborazione che mi coinvolge con altri stimati Autori presenti in "Leucade". Credo nella Poesia e nell'amicizia che da essa origina e unisce i cuori degli uomini, quanto mai bisognosi nell'era tecnologica di sviluppare il"sentire".

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