venerdì 13 ottobre 2017

RODOLFO VETTORELLO: SECONDO CLASSIFICATO AL "PARASIO CITTA' D'IMPERIA"

RITORNO  A  TINDARI

“Tindari, mite ti so…”
Ascolterò la voce delle pietre
e la sonorità di questo spazio
dorato che riverbera parole
di azzurra grecità,
                             sparse nel vento
e ascolterò la voce del Poeta
che accende d’emozione prepotente
la tua profondità di precipizi
e leggerò sul muro le sue frasi:
“Tindari, mite…”
mite ti so e so di te più cose
di quelle che conosco e che ricordo.
Noi siamo
                 ma soltanto in apparenza
il poco di memoria che ci resta
e custodiamo inconsciamente al fondo
dei nostri cromosomi
i miti radicati che ignoriamo.
Mi parlano le pietre
di grecità sedimentate a lungo
che il vento mi riporta, travolgente.
Mi tornano alla mente, come un canto,
parole greche.
“Tindari, mite..”
mite ti so e so di te ogni cosa,
presente e assente.
Noi siamo niente
e siamo tutto ciò che abbiamo amato.
Siamo le pietre modellate ad arco
di queste gradonate di teatro.
Siamo la voce di chi è ormai lontano
e quelle di un poeta che ha sostato.
Tindari mite sa di me più cose
di tutte le parole che conosco.
La voce sua di vento mi racconta
di quello che non so
                                 ma sono stato,
la magica leggenda del mio viaggio
e del ritorno a questa luce grande.


  
PENSO  AL  DIVARIO

Penso al divario, all’impari confronto
tra ciò che voglio ciò che sono invece.
Mi immagino coerenze che non ho
e la disparità che mi separa
da tante perfezioni irraggiungibili
è la nevrosi della mia stagione.

Mia madre mi ha cullato lungamente
come si fa coi figli sfortunati
ed io le ho consentito di cullarmi
per anni ed anni, quasi fino a ieri.
Il viaggio va finendo a queste sponde
ormai senza più alcuna velleità.
La mia crociata ammaina le bandiere
e lascia che si areni sulla spiaggia
la volontà di fama e di sapere.
Come tu fai che liberi  parole
per dare voce a quello che ti preme,
io porto a riva solo la catena
di un’ancora incagliata nel fondale.

Non finirà col viaggio il mio divario
e se la fine abitualmente appiana
qualunque asperità, la mia nevrosi
non colmerà lo spazio che separa
il me che sono e l’altro che non è.


 Rodolfo Vettorello

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