martedì 13 marzo 2018

N. PARDINI: "C. FIORENTINI: LA CREATIVITA' DEL TRADUTTORE"



Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

La creatività del traduttore

Alberto Blanco:
LA RADICE QUADRATA DEL CIELO.
Traduzione di Claudio Fiorentini.
Edizioni Ensemble. 2017

Claudio Fiorentini, scrittore poliedrico (narratore, poeta , saggista, recensore, animatore culturale, presentatore di autori  in diffusione radiofonica e in incontri letterari) si accinge a tradurre, con competenza linguistica,  tatto critico, e sensibilità verbale, La radice quadrata del cielo, del chimico e filosofo Alberto Blanco, che ha avuto la possibilità di scoprire fin dal liceo: “Quando ero al liceo, a Città del Messico, un professore supplente di letteratura mi diede alcune copie della rivista “El Zaguàn” … tra i curatori della rivista, oltre al professore, c’erano Albero Blanco, un giovane poeta emergente…. La radice quadrata del cielo mi è capitato tra le mani in bozza un paio di anni fa e, quasi per gioco, cominciai a tradurlo….”, (dalla prefazione di C. Fiorentini). Una poesia nuova, diversa, sperimentale, se si vuole, ma più che altro personalissima che traduce teorie e lezioni di geometria, subbugli esistenziali, riflessioni estemporanee  aduse ad un lavoro di ricerca scientifica. Dimostrazione che ogni contenuto (erotico, politico, agreste,  naturistico…), decantato nel pensiero o nell’animo di un autore, è atto a mutarsi in “poema”: per assurgere al regno di Calliope è sufficiente che reifichi concetti e sensazioni, magari venati del senso di precarietà che fa dell’uomo un essere vagante. E se poi la parola collabora in maniera decisa a concretizzare le tante incertezze dell’essere e dell’esistere, il giuoco è fatto. Ma attenersi all’originale? rendere   alla lettera la traduzione? o inventare, creare, aggiungere, personalizzare… Non è sicuramente impresa facile.  C’è sempre stata  una disputa fra critici e sul valore estetico del prodotto cinematografico e su quello della scrittura: un film tratto da un romanzo senza l’apporto personale del genio, può essere considerato opera d’arte? fino a che punto ci si può allontanare dalle vicende della narrazione? un regista può svincolarsi dal contenuto per dare al tutto una visione strettamente autonoma? Fino a che punto gli è permesso di farlo? Lo stesso discorso vale per qualsiasi tipo di traduzione: vale la creatività del traduttore? dobbiamo scindere il  rifacimento dal pedissequo rispetto? il traduttore può liberarsi dall’originale e tramite una rielaborazione nutrita dei suoi intenti, dei suoi piani emotivi,  farne altra opera? dare un taglio personale al verso? tradurre a senso, come si dice? (artifex additus artifici); o attenervisi fedelmente, rispettando  le sfumature, cosa difficile tra l’altro, avendo ogni lingua le sue inconfondibili combinazioni etimo-lessicali. Tra l’altro in questo volume ci sono tutti quegli ingredienti che affratellano, in qualche misura, il campo della scienza con quello della letteratura, o per meglio dire, della ricerca ontologica. Va bene, il compito della prima è quello di frantumare i dubbi a  vantaggio delle certezze; quello della poesia  seguire un processo contrario: “smontare la certezza per riproporre il dubbio”. Ma non è che il dubbio sia padre dell’inquietudine? E non è che l’inquietudine sia il carburante necessario per dare il via al viaggio? al nostos della conoscenza? all’azzardo oltre le colonne? D’altronde è proprio il dubbio che bussa  continuamente alla nostra porta; che ci spinge a intraprendere il cammino verso l’incognito; a illuminarci del più piccolo raggio di luce. E’ questo il dramma che contorna il cammino dell’uomo, che lo rende terreno in tutta la sua problematicità: cercare la sagoma di un’isola con la spleenetica angoscia di non poterla raggiungere. Misteri che Fiorentini fa suoi con tutti gli interrogativi che l’uomo-poeta-traduttore si pone. Prendere in considerazione l’intervento del traduttore è nostro compito, anche se incompetenti di lingua messicana, e impossibilitati ad effettuare un obiettivo confronto tra l’originale e il derivato. Comunque questo ci dobbiamo chiedere: la poesia fresca, breve, concisa, apodittica, paratattica, che Fiorentini ci propone si addice ad un mentalità scientifica di struttura cartesiana? o ad un  traduttore che ci ha messo del suo? Credo che il risultato sia un mélange di simbiotica forza creatrice; da una parte l’anima innovatrice e speculativa di Blanco, dall’altra quella di un artista che ha fatto suo un testo ridandolo alla pagina carico di esperita verbalità e personale intuizione. A noi non resta che riconoscere a Fiorentini il merito di avere effettuato una rielaborazione snella e comunicativa; e di averci fatto leggere i versi di un grande poeta non ancora tradotto nella  nostra lingua,  guidandoci con tatto alla scoperta dell’   epigrammatico nulla:
“Blanco chiude dicendo: <<nelle mappe non si è percorso nulla./ Nella poesia non c’è nulla di scritto>> ed effettivamente, la poesia è come una mappa, una rappresentazione bidimensionale di ciò che ha più dimensioni, un riassunto di ciò che è vissuto nel poeta e che ora vive nel lettore, un processo di compressione espansione dove le parole rappresentano, non dicono e basta, dove il contenuto si libera  nella mente e nel corpo del lettore andando a sollecitare l’anima. Se  non si sollecita l’anima, la poesia, semplicemente, non è.” (dalla prefazione di C. F.)

Nazario Pardini


Nessun commento:

Posta un commento